Incontro fantastico fra due anime

E’ una bella giornata di giugno, l’aria è frizzante, visibilità ottima, premesse ideali per una gita in montagna, infatti con un gruppo del C.A.I. sto salendo le pendici del monte Campomolon che sovrasta la Val d’Astico.
Lo scopo della visita di questi posti è quella di rendere omaggio al sacrificio di tante giovani vite stroncate in questi luoghi nel corso della prima guerra mondiale. Il panorama è suggestivo tanto che si può ben dire che questi monti siano un museo all’aperto, che ricordano le gesta e l’eroismo di tanti poveri soldati.
Guardando a destra si scorgono: i  Monti Pasubio, Maggio, Toraro e a sinistra il M.Cimone,e  i paesi di Tonezza e Asiago. Nel 1915 questi luoghi delimitavano il fronte Italiano. Di fronte si può vedere il  versante Austriaco: M.Varenna, il M.Basson e  più in là il M. Ortigara, Pizzo Vezzena, le fortificazioni: Somo Alto, Cherle, Belvedere, Campo Lucerna.

Nonostante fossi in compagnia , di quando in quando, la mia mente si estraniava, venendo sollecitata dal ricordo di letture da me fatte in precedenza: (“Un colpo di cannone sparato dal Forte Verena sul fare dell’alba diede inizio alla sanguinosa guerra”. O il manifesto affisso sui muri di Vicenza: “La grande Madre chiama alle armi i figli suoi, perché vuole che altri suoi figli, tutti i figli suoi le siano finalmente resi”).

Verso le ore dieci arrivai in vista dei ruderi del Forte Campomolon, (adopero il singolare perché come ho detto precedentemente mi sentivo solo con i miei pensieri).
Questo Forte non era stato completato per ragioni che non sono mai state chiarite (forse non lo si è ritenuto strategicamente importante). Mentre stavo girando per i corridoi umidi e semibui del Forte semidistrutto, ebbi la sensazione di essere osservato; il fatto mi stupì perché sapevo che i compagni di escursione stavano per prepararsi a consumare il pranzo, allegramente, in uno spiazzo, al riparo dal sole e dal vento.
Il mio stupore misto a paura si accentuò quando mi  affacciai alla porta di una stanza buia: quanto disordine! Sul pavimento si potevano vedere ancora rottami e detriti che nessuno ha mai pensato di togliere; (probabilmente era l’infermeria del Forte) fu in questo momento che mi giunse un sussurro dall’angolo più remoto e buio che mi fece trasalire; riavutomi, mi venne spontaneo chiedere “Chi sei tu che mi parli?”

Come un soffio mi venne la risposta: “A son al spirito de to zio Tertugliano ti a ne te me mina conosesto quando ca iera tra di voi, ti te si nato 25 anni dopo che la me giovinezza le sta stroncà  da na bomba. Mi invece dal me novo recapito a to  sempre conoscesto e seguio, qua a ne ghen gnente da fare, la nostra ocupazion principale lè ricordare, capiso che valtri a si sempre indafarà , ma se te me de ascolto  par qualche minuto te conto come ie anda le robe.

A ghea solo vent’anni, essendo nato nel 1895, quando i ma ciamà a fare il militare; voto par incoscienza, voto par propaganda son partì con entusiasmo “a vago a servire la Patria”.
I sea dito cla saria sta na passeggiata, che tutto siria finio in poco tempo, ma la realtà la sa presentà diversa. A son sta assegnà alla guarnigione che difendea il Forte Campomolon.
Za ca vedo ca te me scolti, prima da dirte come me so becà sta scheggia maledetta in tal stomego cla ma portà alla morte te parlo dl’ ultima lettera co ricevù da casa. 

Ne so se i tabia  contà che in chi tempi abitavino a Massa Superiore ( Castelmassa) e che al nostro mestiere al iera cuelo de stare drio alle bestie i boari,… A ne ghe gnente da vargognarse  a ierino poareti, i guadagni iera miseri e la fame la iera tanta. Mi a iera al più vecio de otto fioi, quei vivi, atri tri o quattro iera morti. Al me stipendio al iera da mezzo boaro (a me vien da ridare a dirte questo, mezzo boaro, e iera grande e grosso e magnava par du quando ca ghe rivava in coste altro che mezzo). La me partenza a un primo momento la parea na consolazion, a ghe siria sta  na boca de monca da sfamare, la siria andà a magnare da nantra parte, ma al guaio al iera ca saria mancà anca mezzo salario. Dito questo a te riferiso cosa cal ma scrito to nono Tidoro par l’ultima olta. Dopo le varie notizie: “ steto ben ; a sten ben, riguardate, al ma riferio come la risolto al problema dal secondo mezzo salario. Na mattina al “paron” al sa presentà in stala e al la ciamà da na parte, disendoghe: “come feo (allora i se dasea dal vu) come feo da parvù solo co tante bestie da stare a drio, a ne ghi mina nantro fiolo più zovene, femelo vedare (cal saria stà to opà Settimio),… me seguito? Allora an den avanti, chi però è nato nantro inghippo, to opà cal ghea tri anni de manco de mi e al iera minghirlin, (invece al paron a ghe serviva i brazi), a sto punto a se dovea studiare un stratagemma, tu nona Teresa cla iera furba come na volpe, essendo d’inverno la ga fatto metare do camise (le uniche cal ghea) do giachete e desora al tabaro e la ga racomandà  da non distabararse alla presenza dal paron durante al colloquio: tutto e andà ben e le sta assunto. A t’avare capio ca ghiera pochi brazi ma  tanto zarvelo.Modestamente al zarvelo al ne se mamca. Al resto dla lettera a tlo po inmaginare: da novo raccomandazion i soliti basi, adesso ca ghe penso me vien in mente ca o notà na macia, a penso cla sirà sta na lagrema ca ghe cascà”.

A sto punto l’ho interrotto; dopo tanto ascoltare voi dirte calcosa anca mi: “Le vera che mi son nato tanti anni dopo che ti, te, te si sta trasferio in Paradiso (si questo le al posto de valtri eroi), ma di ti so tante cose, a me n’ha parlà to fradelo, me opà e i parenti più veci de mi, e sa te fa piasere a te digo  cl’ha parlà de ti anca un scrittore de Castelguglielmo in tal so libro-diario”Cronaca di Castelguglielmo”: Pio Mazzucchi:” Oggi 26 Luglio1915 è giunta la notizia della morte del soldato Tertugliano Rizzati, avvenuta in un ospedale da campo, in seguito a ferita riportata in combattimento. Il Rizzati apparteneva alla classe 1895 e faceva parte del 38°° Regg. Artiglieria da montagna. Si battè da eroe. Era nato nel nostro paese; ultimamente risiedeva a Massa Superiore, in qualità di bovaio. Onore al caduto, non è difficile pensare che come moltissimi soldati italiani, pagò col coraggio estremo l’inettitudine dei comandanti”. Sto commento al te farà capire che le sta rispetà al to sacrificio. Inoltre la nostra fameia là volesto ricordarte anche  mettendo al to nome a un to neodo, al secondo fiolo de to fradelo Dante, che ne so al parchè noantri lo ciamen Nini, forse par rispetto. A proposito me vien in mente un episodio: To fradelo più zovene Dante al sa da fare e  la zercà  indoe ca te si sta sepelio e la cata la to lapide, comosso per il fatto la volesto farse fotografare vezin a ti, la foto al  la tegnù  par ricordo, molti l’ hanno vista ma al se guarda ben de non fargla vedare a to mama, me nona Teresa, sempre tegnu allo scuro a riguardo dla to morte par ne farla sofrire.

Ma al destino la volesto che un giorno dal  portafoio de so fiolo e cascà sta foto; vedendola le vegnu fora con sto discorso:”V’altri a mi conta tante fole…. to fiolo al sta ben, presto al torna a casa e via disendo, ma a vi desmentegà  che mi a iera so mama e al cuore de na mama al ne se pol imbroiare”.

“Visto che al tempo al pasa me voto contare la to tragedia”?
“Va ben, la iera na note limpida d’istà, a parea che tutto andese ben quando al Sior Capitano al sa comandà da uscire de pattuglia, poco dopo  è incominzià al finimondo.
Come te vedi a ierino circondà da postazion nemiche; da tutte le parti se vegnu adosso cannonà, fucilate, un inferno, le stà in sto momento che un colpo de canon al sa quasi centrà a mi a me toca na scheggia in pieno petto, in un primo momento a parea gnente, ma dopo poco son sta ciapà da un dolore, forte ma forte cal ma fatto svegnere. Dopo ne so quanto me son sveià , mi son guardà attorno ed o capio ca iera nell’ospedale da campo. Dottori , infermieri, tutti e se dava da fare, ma come ca te po’ capire in tle me condizion a ierino in tanti e lori i fasea quel chi podea. Con un filo di voce o ciamà : “Infermiera a stago male la me iuta la me daga un calmante”,  ela gentilmente la me vegnu darente e la ma dito “A poso darte solo un bicchiere d’acqua, sta bon non agitarte a passarà anca questa”, ma la mla dito con un fare ca nol fasea sperare gnente de bon. Stricando i denti o incominzià a ciamare : la mama , la Madonna , Dio e gridava iuteme ne stè abbandonarme. Un torpore al me invase, e in questo stato di semi incoscienza la me mente la sa messo a galopare , a me vegnù in mente l’amore dla me fameia, la me giovinezza, i me primi amoretti.
Ma un pensiero al me fasea scopiare al zarvelo, valeva la pena venere morire qua su come un can?
Chi ne trarà vantaggio dei nostri sacrifici, dla nostra morte? Saren ricordà o dismentegà?
Sta bestia de guerra ghe volevla, o se podea risolvere le quistion in un altro modo?
Tutte domande e gnanca na risposta.
A proposito o sentu dire che adesso in Europa  a si tutti fradei, sarà proprio vero? 
All’improvviso na luce innaturale la ma accecà e le sta la fine… la morte”.
La voce di un mio amico di escursione mi distolse dal torpore:” Che cos’hai, ti vedo sconvolto”.
Risposi: “Niente, niente ho ricevuto una visita”.
Lui scosse la testa come per volermi dire sei diventato matto; non poteva capire.
Mi aggregai alla compagnia conservando nel mio cuore le emozioni provate.

pubblicato su Experientia 20° Anno accademico 2005-2006

La guerra

Hanno un bel daffare gli uomini saggi nel costruire
se i malvagi continuano a distruggere.
Se la guerra provoca solo dolori e distruzioni ,
perché gli amanti dei conflitti non comprendono
che le risorse che servono per ricostruire
si potrebbero utilizzare per sfamare i popoli bisognosi?
Se Dio ci ha creati liberi,
perché non usiamo meglio la nostra libertà?
O vogliamo far pentire,
Dio e le nostre mamme di averci fatto nascere?

Beato Luigi Guanella

Ero bimbetto e le sentivo cantare gli inni bene intonate. 
“Chi sono” chiesi a mia mamma “quelle ragazze vestite uguali, tutte ordinate?”
Quante erano brave, quanto mi sembravano belle.
Mia mamma mi disse “Sono le orfanelle.”
Erano sempre accompagnate da una suora, che loro chiamavano “sorella”:
erano i tesori del Beato Luigi Guanella.
Tu hai una famiglia, mamma e papà.
Loro hanno trovato un Santo e la sua carità.
E’ venuto da Como, all’inizio del secolo, nella nostra terra povera ed avara,
con una discepola di nome Bosatta Chiara.
Ha fondato la casa S’Antonio delle suore della Divina Provvidenza,
dove si lavora, si prega e si fa penitenza.
Che Luigi e Chiara fossero persone speciali se ne accorsero tutti quanti,
ora sono Beati ma presto saranno Santi.
Il meno che si poteva fare, dedicargli una via
a un uomo devoto della Vergine Maria.
Annessa all’Istituto c’era una chiesetta dedicata alla Vergine Immacolata:
che tristezza, non so per quali esigenze l’ hanno disfatta.
Ne hanno costruita un’altra di stile moderno,
quando ci penso mi rodo all’interno.
Bando ai ricordi e alla malinconia
mi consola che anche questa è dedicata a Maria.
Tornando ai tempi lontani e alle orfanelle,
il destino ha voluto, non ci sono più neanche quelle.
Un ricordo mi viene in mente, che in tempo di guerra si pativa la fame
e che i miei genitori hanno donato all’Istituto qualche sfornata di pane.
Questo lo dico, non per avere meriti speciali, per carità,
ma per avere aiutato i figli del Beato Guanella e la sua straordinaria bontà.
A suora Iside il ricordo corre grato,
per quello che all’asilo mi ha insegnato.
Per il Beato Luigi, che ai poveri ha dedicato tutta la vita,
preghiamo Maria Santissima e Suo Figlio Gesù e la loro Bontà Infinita.  

Trecenta, 7 Novembre 2001

La gratitudine

L’uomo è un animale strano, anche dopo morto,
vorrebbe avere ragione anche se ha torto.
Ammettere i propri errori è un comportamento ragionevole,
c’è invece qualcuno che questo atto lo considera disonorevole.
Mi è successo un fatto, che mi ha inserito un rospo in gola,
pensando che la ragione è una sola.
Ammetto tutti tirano la ragione dalla propria parte,
a sostegno della mia calo le carte.
Un mio parente se l’è presa male,
per un torto che a me sembra banale.
La causa è questa e mi rimetto al vostro giudizio,
si è arrabbiato perché non invitato ad un sposalizio.
Sinceramente  se succedesse  a me questo fatto,
griderei ad alta voce: “Dio sia lodato”.
Quello che non capisco è da un lato,
come mai non si ricorda più i piaceri che gli ho fatto.
Però l’esperienza mi fa capire facilmente,
arrabbiandosi, ha un alibi e pensa di non dovermi più niente.
Per fortuna la natura mi ha dotato della ragione,
e, anche senza la sua gratitudine, campo benone.

Il giocattolo

Tutti, da bambini, avevamo un giocattolo preferito, guai a chi lo toccava, chi si provava, ci faceva andare in bestia. Più avanti  negli anni, vuoi, aiutati dal destino, ma molto con la nostra volontà, ce ne siamo costruito uno (in senso metaforico: lavoro, istruzione, famiglia, carriera).
Spesso il risultato non è stato soddisfacente, ricostruirlo diversamente sarebbe stato arduo, tant’è, con l’entusiasmo  giovanile, ce ne siamo affezionati.
Nei primi tempi funzionava egregiamente, lo curavamo, lo oliavamo nelle parti in movimento, lo dotavamo di altri accessori, diventava sempre più perfetto o ci sembrava.
Ma gli anni passano, l’entusiasmo diminuisce, i meccanismi si logorano e incominciano a cigolare.
Essendo distratti, questi segni non li abbiamo visti subito, l’usura cresceva, arrivano le prime rotture, le riparazioni non erano accurate, le saldature superficiali. Finché per il bel giocattolo arriva un cedimento importante. Sapendo che “la vita” di questo giocattolo è composta da vari elementi autonomi, ma complementari e per questo obbligati a collaborare, affinché il carriaggio rimanga efficiente, anche se cigolante, continuerebbe a camminare, altrimenti il giocattolo sarà da buttare.  Ovviamente se questo avviene, il possessore di tale congegno si sentirà deluso, per il fallimento e cercherà la causa responsabile di tutto ciò, ma non la troverà. Se il malcapitato ha la fede in Dio, bene, sarà la sua ancora di salvezza, se gli mancherà anche questa, non gli resterà che sedersi sulla riva del fiume e aspettare il traghetto chiamato “morte”, che lo porterà sull’altra sponda e là sarà  “pianto e stridor di denti”.                  

A Gino

Eri poco più di un bambino,
quando un incidente ti ha segnato il distino.
Hai incontrato un gruppo di scolari in quella curva dannata,
per loro era una allegra passeggiata.
Nel gruppo regnava tanta confusione,
e tu hai voluto evitar la collisione.
Sbandando sei finito su quel palaccio,
e la spalla si è separata dal tuo braccio.
Tu eri solo, stordito e mezzo morto,
senza testimoni e tutto tuo è diventato il torto.
Non si sa se per imperizia o la fretta del momento,
l’operazione è stata un grosso fallimento.
Per tutta la tua vita, forse era destino,
è stata segnata da quel braccio moncherino.
Si può pensare alla luce dei fatti,
che i poveri vengano sempre umiliati.
Se la tua famiglia fosse stata ricca e colta,
il risultato avrebbe preso un’altra svolta.
L’esperienza purtroppo  l’insegna,
il povero al dolore si rassegna.
Per le umiliazioni e il male che hai sofferto,
la giustizia Divina ne terra conto, puoi stare certo.
Mentre la società a queste cose è indifferente,
e non vede quella parte, di essa sofferente.
Facevano finta di non vedere il tuo stato,
purtroppo questo ti ha ferito e umiliato.
Solo adesso che sei arrivato alla fine della vita,
si è convinta di quanto grave era la tua ferita.
E dice: “Che amaro è stato per lui il destino”,
e ti salutano per la prima, e ultima volta,  amico Gino.

Il gigante e i disperati

Era un tranquillo mattino di fine estate,
quando due tuoni infernali le due torri hanno massacrate
Grida, sgomento, morte e terrore,
questo ha visto lo stupefatto spettatore.
Si è subito pensato: “Chi è il brigante,
che ha voluto colpire il colosso, il gigante?”
Subito dopo le prime immagini, c’era che frugava nelle macerie,
dolore, disperazione, rabbia e quante miserie.
A questo punto è d’obbligo una riflessione e una domanda:
dove è andata a finire la prevenzione di chi comanda.
Capisco poco di controspionaggio, FBI, CIA e sicurezza dello stato,
ma in questo caso si può pensare che il gigante fosse addormentato.
Si sapeva bene che gli allievi talebani, ben addestrati,
contro il gigante si sono ribellati.
Agire così, come hanno fatto i terroristi, è un comportamento infame,
ma tu gigante con la pancia piena non hai mai provato la fame.
E si dovresti averli visti quei reietti,
vivono ai margini delle tue città, ammassati nei ghetti.
Tu ti sei sempre eretto despota e giustiziere,
non è in questo modo che si esercita il potere.
Tu mandi sulla sedia elettrica e nelle camere a gas
I poveri negri, indios, portoricani e mandi liberi i potenti e i rais.
A lungo andare, anche un santo si può ribellare.
Ora gigante fermati e rifletti,
cerca di porre rimedio ai tuoi tanti difetti.
Oggi più nessuno si incanta,
non metterti anche tu a fare la guerra santa.
I morti e le vittime innocenti,
gridano vendetta a Dio anche si i misfatti sono commessi dai potenti.

Trecenta, settembre 2001

Per Giacomo

Per merito di mamma e papà, guardate che bello,
sembro un angioletto sceso dal cielo.
Io sono il nonno lo vedo così e non mi sbaglio
è proprio vero non è un abbaglio.
Sarai coccolato da tutti i parenti
e io ti dico che devi stare attenti.
Sei venuto in mondo pericoloso, anche se civilizzato
però stai in guardia e stai preparato.
Anche in passeggino andare per la strada è un tuo diritto,
devi stare attento potresti essere investito.
Fin dall’asilo e scuola elementare,
per stare a galla devi darti da fare.
Più avanti alle medie, al liceo, all’università l’ambizione la farà da padrona,
troverai gente mediocre che mira solo alla poltrona.
A questa età sarai messo alla prova,
sentirai parlare di usura, pedofilia e di droga
Troverai amichetti neri, gialli o di altro colore
tu devi amarli perché anche loro hanno lo stesso Creatore.
Tra popoli e razze noterai il divario, questo è un fatto,
sii comprensivo e aiuta il tuo amico emigrato.
Accetta i miei consigli come una cosa gradita,
e ti renderà più semplice e felice la vita.
Pericoli ne troverai in ogni momento
potrai superarli solo stando attento.
Non ti scoraggiare a navigare sarai aiutato
da mamma e papà e da tuo nonno un po matto.
Una cosa essenziale tu devi imparare attentamente,
di comportarti sempre onestamente.
I soldi e gli onori sono cosa gradita,
però un valore inestimabile è avere la coscienza pulita.
Con le tu sole forze non riuscirai, te lo dico io,
ti consiglio di chiedere aiuto soprattutto al buon Dio.
Avete capito, questi consigli sono per Giacomo il nostro tesoro
non deluderci e fa della tua vita un capolavoro.

Con affetto il nonno Guido
Trecenta 21 Luglio 2002

Gesù crocifisso

Si legge nella lettera di S.Paolo ai Romani (5,5-11),
“Difficilmente uno si sacrifica per un povero,
semmai, troverai qualcuno pronto a farlo per una persona dabbene”.
Tu Gesù, invece, sei morto in croce per redimerci,
Ti si sacrificato per i nostri peccati.
Da quel momento la Tua immagine divenne un simbolo.
E’ entrata nelle chiese, nelle case dei credenti,
nelle scuole, nei cimiteri, sulle montagne.
Sei diventato il segno distintivo, dei sacerdoti, dei missionari.
Hai accompagnato i credenti all’inizio della vita
nel battesimo,  poi via via in tutti gli altri sacramenti.
Il buon cristiano, sia il mattino che la sera
non può fare a meno del Tuo aiuto.
Lo accompagni dalla nascita alla morte.
Tutto questo Ti ha sempre fatto onore.
Ora il cosiddetto progresso ha banalizzato tutto.
Questa sorte è successa anche a Te.
Ti si vede (a disagio) adornare certe scollature.
Ti tirano in ballo anche gli atleti, prima e dopo le gare.
(Non so quanto convinti! O si tratta di moda?).   
Decorare luoghi profani
Poi Hai incominciato a dare fastidio a certe persone.
Si sono messe a gridare: “Togliamo questo segno che
divide i credenti da altri credenti”… Bestemmia! 
Tu sapevi tutto questo, quando hai detto:
“Voi cristiani sarete segno di contraddizione,
e perciò sarete perseguitati in nome Mio, e Io con voi ”.
Ora domandiamoci, che civiltà diventerà
se sopprimiamo certi valori, come amore e fratellanza
che tu ci hai insegnato morendo in croce?

A Gesù Crocefisso

Cristo, dal Paradiso ci guardi preoccupato,
e vedi il tuo popolo diviso e sbandato.
I Tuoi  insegnamenti spesso sono dimenticati,
e i tuoi sforzi vanificati.
A Cana hai benedetto il matrimonio,
oggi quaggiù, chi resta unito merita un encomio.
Hai detto: “Chi scandalizza un innocente sarà dannato,
meglio per lui se non fosse mai nato.”
Qui i bambini sono merce da sfruttare a piacimento,
ne neghiamo la nascita e poi nati, li manipoliamo a nostro godimento.
Tu hai detto “Lasciate che i piccoli vengano a Me”,
anche noi li adeschiamo, ma non si sa il perché!
Tu, la Maddalena, perché pentita l’hai  perdonata,
la Maddalena oggi viene ridotta a oggetto e poi buttata.
Hai detto: “Difficilmente i ricchi vanno in Paradiso,
di queste parole oggi i paperoni se ne fregano con un sorriso.
Tu hai guarito tanto, chi stava male,
oggi non succede, a volte, neppure in ospedale.
Tu ci hai fatto l’augurio: “La pace sia con voi”,
noi parliamo di guerra dimenticando i consigli Tuoi.
Sta per finire il Carnevale, la gran festa,
in Quaresima, converrà metterci la cenere sulla testa.
Per i nostri peccati, Tu ti sei immolato,
se capiremo questo comincerà il nostro riscatto.
Dopo la Quaresima, anche per noi sia Pasqua? Ti preghiamo per carità,
solo col tuo aiuto, si può salvare questa sgangherata umanità.   
Amen