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Dedicato a Mons Vittorio Zanca

Quasi sempre le orazioni funebri vengono tenute da oratori che adoperano paroloni altisonanti, e spesso la persona che onorano la conoscono poco o niente, alla fine l’orazione lascia il tempo che trova. Per don Vittorio, avendolo conosciuto bene servono solo tre parole: sobrietà, dovere e fedeltà.

Sobrietà

Per carattere, educazione e modo di vivere la sua missione, spiccava in lui la sobrietà. Intesa come modestia e mancanza di sfarzo. Poche volte lo abbiamo visto con la fascia rossa che le spettava con tanto merito dopo la nomina a Monsignore, a chi glielo faceva notare diceva: “la dovreste portare voi, che mi state sopportando”. A chi lo consigliava di cambiare auto diceva sorridendo:” non voglio mi si dica che sono un ambizioso”. A quelli che criticavano dicendo che la casa canonica era disadorna li metteva a tacere dicendo”: la casa del prete non ha bisogno di sfarzo per essere accogliente, e non deve ospitare frivolezze e pettegolezzi, e deve essere aperta ad amici propensi a consigliare disinteressatamente.

Dovere

Il dovere era al primo posto nelle sue azioni, verso i parrocchiani, soprattutto verso ai poveri e agli ammalati, verso ai superiori e verso Dio. Godeva delle vicende belle e soffriva di quelle brutte.

Fedeltà

Fedele sino in fondo alla sua missione anche se gravemente ammalato e fedele a noi Trecentani tanto che ha voluto venire tra noi anche dopo morto, sebbene per vari motivi non lo meritavamo. Non c’è bisogno di dire quando è nato, quando è stato consacrato sacerdote e quando è morto, perché don Vittorio è stato con noi, uno di noi e sarà sempre con noi.

Caro amico don Vittorio dal cielo prega per noi. A nome di tutti i trecentani i tuoi amici.

Guido, Massimo e Claudio 

Tomezzoli don Paolo

Nato a Ronco all’Adige (Verona) il 4 ottobre 1930, sin da bambino si era trasferito con la famiglia a Bergantino. Fu ordinato sacerdote a Rovigo, nella chiesa del Seminario, dal Vescovo Guido Maria Mazzocco il 26 giugno 1955. Fu cappellano a Trecenta fino il 1957.
Ho conosciuto tutti i cappellani, ed ho sempre avuto con loro un buon rapporto, con don Paolo in modo particolare. Ci stimavamo reciprocamente,  ricordo che  mentre era cappellano  a Trecenta fui colpito da una grossa influenza, con complicazioni,ed è in questi
casi che si vedono i veri amici, lui era uno di quelli. Le sue visite frequenti mi erano di conforto, lui trovava sempre le parole adatte per sollevare il mio morale in difficoltà. La cosa scatenò la fantasia di certe pettegole mie vicine di casa, al punto che davano per certa una mia prossima dipartita. Evidentemente non erano in grado di valutare cosa vuol dire amicizia.
Di salute cagionevole, le crisi si manifestarono sempre più frequenti già quando era Arciprete a Pincara. Trasferito a Melara la situazione si aggravò al punto che dovette ritirarsi Prima  alla Casa del Clero di Rovigo e poi all’Opera San. Antonio di Sarmeola di Padova, dove morì il 21dicembre 1997. Ora è sepolto nella tomba dei sacerdoti di Bergantino.

pubblicato su LA  VOCE  DI  S. GIORGIO, settimanale  parrocchiale  di TRECENTA

Perin Don Pietro

Nato a San Martino di Venezze il 22 aprile 1926, fu ordinato sacerdote a Rovigo, nella chiesa del Seminario, dal Vescovo Guido Maria Mazzocco, l’8 luglio 1951. Venne subito nominato vicario cooperatore a Trecenta, fino il  1954. Dopo essere stato cappellano ad Ariano Polesine, Bergantino, Fratta Pol. e Presciane , nel 1967 fu promosso parroco di Canda.
Era piccolo di statura ma grande nell’entusiasmo, instancabile nell’educare sopratutto bambini e ragazzi. Forse presagendo la sua morte, avvenuta in giovane età, non stava mai  fermo . L’episodio che mi viene prepotentemente alla  mente, e lo vide protagonista è questo. Eravamo nel 1952, un anno dopo l’alluvione del 51, lui ci ha condotti in gita premio, per avere partecipato assiduamente ai fioretti del mese di Maggio. La meta: il Lago di Garda, durante una sosta a Desenzano siamo stati avvicinati da alcuni abitanti del luogo, incuriositi dal nostro modo di parlare. Quando hanno saputo che eravamo di Rovigo ci hanno presi a male parole e insultati, la causa, il comportamento poco civile di certi nostri conterranei transitati e ospitati da loro, nel dopo alluvione. Gli aggettivi da loro adoperati per descriverli erano: villani, sfaccendati, pretenziosi. Don Pietro ci difese come un piccolo leone, asserendo che noi non centravamo e ha fatto capire che è da vili prendersela con dei bambini. Questo era il nostro piccolo-grande amico. Morì all’Ospedale di Legnago (Verona) il 5 ottobre 1983 a 57 anni d’età. Ora riposa nella tomba dei sacerdoti a San Martino di Venezze.

pubblicato su LA  VOCE  DI  S. GIORGIO, settimanale  parrocchiale  di TRECENTA

Ottoboni Monsignor Armando

Nato a Canda il 16 Novembre 1924, fu ordinato presbitero nella chiesa del Seminario, dal Vescovo Guido Maria Mazzocco il 16 Luglio 1947.
Il suo ministero sacerdotale cominciò come cappellano a Trecenta, dove vi rimase fino al ‘51. Dopo tre anni trascorsi a Valliera, ritornò a Trecenta, prima come vicario economo e poi, nel 1955, come Arciprete.
Il fatto che sia tornato da Arciprete, dopo essere stato cappellano, sta a significare l’armonia che esisteva fra lui e i parrocchiani.
Questa amicizia durò anche quando fu chiamato come pastore nella parrocchia della Commenda a Rovigo, dedicata alla Madonna Pellegrina.
Ne fa fede il fatto che, quando vedeva un trecentano, nel limite del possibile, lasciava tutti per stare qualche tempo in conversazione con lui. La cosa è successa molte volte anche a me. Nonostante e qui lo devo precisare: quando ci siamo conosciuti non fu un amore, tra virgolette, a prima vista. Eravamo due caratteri forti. Tutto cambiò quando ci siamo capiti, e da quel momento siamo diventati buoni amici.
La sua permanenza a Trecenta è stata caratterizzata da due avvenimenti difficili. Le elezioni del 1948 (chi le ha vissute ricorderà la tensione di quei momenti) e poi l’esodo di trecentani dopo l’alluvione del 14 novembre 1951. Lo ricordo giovane prete impegnato nella lotta contro il comunismo nel 48. Di notte non esitava ad indossare la tuta per andare a fare l’attacchino (allora la propaganda elettorale si faceva esclusivamente con i manifesti sui muri; non di rado incontrando attacca brighe della parte avversaria con i quali, spesso si rasentava la rissa). L’altro momento duro, l’ha vissuto tornando e non trovando più i suoi cari ragazzi che con tanto amore aveva educato, perché la maggior parte di loro era dovuta emigrare per trovare lavoro.
Una cosa è certa: anche se lontano, li ha aiutati e confortati con la sua amicizia. Nel 1974 fu nominato Cappellano del Papa.
Morì improvvisamente il 9 Giugno 1998: la notizia si sparse in un baleno per il paese, procurando il sentito dolore per il caro amico scomparso. Lasciò nel testamento di essere sepolto nel nostro cimitero. Sulla sua tomba non mancano mai i fiori freschi messi lì da mani pietose. Sono sicuro che ora ci benedirà dal Paradiso.

pubblicato su LA  VOCE  DI  S. GIORGIO, settimanale  parrocchiale  di TRECENTA

Lucchiari Monsignor Graziano

Nato a Buso il 27 luglio 1889, fu ordinato sacerdote il 10 agosto 1914.
E’ stato vicario a Santa Sofia di Lendinara, per qualche tempo, vice direttore del Collegio “Angelo Custode”, di nuovo vicario economo a Villadose e poi arciprete a Villanova del Ghebbo. Nel 1933 venne nominato Arciprete e Vicario foraneo a Trecenta, e vi rimase fino al 1954.
I non più giovani, lo ricordano con benevolenza per la sua sobrietà e bontà d’animo, anche se all’apparenza sembrava burbero.
Era più quello che dava di quello che chiedeva. Condivise con i suoi parrocchiani due momenti tragici: la guerra 1940-45 e l’alluvione causata dalla rottura degli argini del Po nel 1951, prodigandosi per alleviare le inevitabili sofferenza del suo gregge.
Fu ferito alla gola da una scheggia durante la guerra 1915 –18, mentre era cappellano militare, che le causo difficoltà nel parlare.
Uomo temprato, si distinse una notte di maggio del 1948; quando chiamato al letto di un ragazzo moribondo ferito in un tumulto di piazza, (era in corso uno sciopero generale) nonostante il pericolo, non esitò ad affrontare la folla inferocita,e con passo sicuro e incurante del rischio, attraversò tutti il paese. Il suo comportamento influenzò favorevolmente la folla , tanto che la collera si tramuto in applauso.
Morì a Cavazzana il 22 febbraio 1956, amò i Trecentani al punto di volere essere sepolto nel nostro cimitero di Trecenta.

pubblicato su LA  VOCE  DI  S. GIORGIO, settimanale  parrocchiale  di TRECENTA

Barbanti Monsignor Filippo

Nato a Castelnovo Bariano l’8 aprile 1915, fu ordinato sacerdote dal  Vescovo Guido Maria Mazzocco a Rovigo, nella chiesa del Seminario, il 16 giugno 1940. Dopo venti giorni fu nominato vicario cooperatore a Trecenta, era il 6 luglio 1940, e vi rimase fino al 26 settembre 1947.
Dopo tre anni passati a Gavello come cappellano, approdò a San Bellino, prima come vicario sostituto e poi come Arciprete il 29 ottobre 1951.
(Si tenga presente che in questo paese si trovano le spoglie di S.Bellino Patrono della Diocesi ). Forse è stato scelto perché le erano state riconosciute capacità notevoli, dotato di un carisma particolare, ben presto si fece apprezzare dai parrocchiani e da quanti lo conobbero.
Queste sue doti gli valsero la nomina a Canonico onorario della Cattedrale “Durante Numere”. Per 39 anni guidò con amore questa comunità fino il 1990.
A seguito della rottura al femore, fu accolto nella Casa S.Antonio di Trecenta, dove morì il 22 luglio 2000. Lo ricordo come un caro amico, fu il mio cappellano, ogni volta che mi recavo a salutarlo ne traevo un enorme beneficio, l’incontro terminava sempre con la sua benedizione.
Spesso nelle nostre conversazioni era ricordato mio nonno Teodoro.
Mi raccontava che quando era cappellano a Trecenta, erano legati da una buona amicizia e capivo quello che più gli era rimasto impresso di mio nonno, era il suo buonumore. Si divertiva  raccontarmi che in una loro conversazione uscì con questa cavatina: “Quando vado in cantina e al mio tocco la botte canta, a me viene da piangere…. Perché? Perché vuol dire che è vuota”! Questo era il mio e vostro amico Trecentani: Don Filippo.
Ora è sepolto nel cimitero di San Bellino.

pubblicato su LA  VOCE  DI  S. GIORGIO, settimanale  parrocchiale  di TRECENTA

Annibale Monsignor Giuseppe

Nato a Santa  Sofia di Lendinara il 10 marzo 1876. Morì improvvisamente il mattino del 21 maggio 1965. Fu ordinato presbitero  nella chiesa di S. Andrea di Adria. Ora è sepolto nel cimitero di Rovigo nella tomba del clero.
Dopo essere stato vicario spirituale e Arciprete a Salvaterra, nel 1913 andò quale parroco alla Tomba di Adria, di là fu trasferito a Trecenta, prima come vicario spirituale e poi come Arciprete dal 1915 al 1933. Era il periodo  turbolento passato alla storia col nome di “la Boje”.Oltre tutto, a fare di questo periodo un momento difficile per la chiesa locale, contribuì il prof. Nicola Badaloni fervente socialista, la cui dottrina attrasse molti cittadini locali e polesani .
Quindi era necessario un sacerdote deciso e capace. Pare, da quello che raccontano gli anziani interpellati, che Don Annibale (soprannominato “fiocco rosso”, dal fiocco che portava sulla berretta) abbia svolto in maniera lodevole il suo compito. Tanto che ancora oggi  chi lo ha conosciuto lo ricorda con devozione e rispetto. Come sempre in questi casi la sua opera era ben vista da una parte dei cittadini e osteggiata da altri.
Raccontano di discussioni accese e vigorose, ed era in questi casi, che emergeva la sua personalità. Era un buon oratore e aveva l’hobby della pittura , il suo lavoro più importante è stata la decorazione del teatrino parrocchiale(ora soppresso e adibito a magazzino). Altro bel lavoro è un soffitto decorato, e tutt’ora esistente in canonica che vale la pena di vedere.
Collaborò con i signori Marzari per la ricostruzione della chiesetta di Barguerina dedicata alla Madonna di Loreto. Pare che con l’amministratore e per incarico dei sig. Marzari, si sia recato di persona ad acquistare la statua della Madonna a Loreto. Da segnalare anche la vena poetica da cui era attirato.
Sue sono le parole dell’inno a San Giorgio, musicato dal Maestro A. Fornasari. Venuto in disaccordo con certi signorotti del paese, (evidentemente aveva esaurito il suo compito e non serviva più), rinunciò alla parrocchia e si trasferì a Rovigo come sacerdote libero.
Nel 1938 fu nominato canonico effettivo dell’Insigne Collegiata di Santo Stefano del Duomo di Rovigo.
Per molti anni celebrò nella chiesa del cimitero del capoluogo. Pubblicò molti sussidi per la predicazione. Torno a dire che a distanza di settanta anni, i pochi che lo hanno conosciuto e ancora viventi, ne parlano con entusiasmo e venerazione.  

pubblicato su LA  VOCE  DI  S. GIORGIO, settimanale  parrocchiale  di TRECENTA