A Gino

Eri poco più di un bambino,
quando un incidente ti ha segnato il distino.
Hai incontrato un gruppo di scolari in quella curva dannata,
per loro era una allegra passeggiata.
Nel gruppo regnava tanta confusione,
e tu hai voluto evitar la collisione.
Sbandando sei finito su quel palaccio,
e la spalla si è separata dal tuo braccio.
Tu eri solo, stordito e mezzo morto,
senza testimoni e tutto tuo è diventato il torto.
Non si sa se per imperizia o la fretta del momento,
l’operazione è stata un grosso fallimento.
Per tutta la tua vita, forse era destino,
è stata segnata da quel braccio moncherino.
Si può pensare alla luce dei fatti,
che i poveri vengano sempre umiliati.
Se la tua famiglia fosse stata ricca e colta,
il risultato avrebbe preso un’altra svolta.
L’esperienza purtroppo  l’insegna,
il povero al dolore si rassegna.
Per le umiliazioni e il male che hai sofferto,
la giustizia Divina ne terra conto, puoi stare certo.
Mentre la società a queste cose è indifferente,
e non vede quella parte, di essa sofferente.
Facevano finta di non vedere il tuo stato,
purtroppo questo ti ha ferito e umiliato.
Solo adesso che sei arrivato alla fine della vita,
si è convinta di quanto grave era la tua ferita.
E dice: “Che amaro è stato per lui il destino”,
e ti salutano per la prima, e ultima volta,  amico Gino.

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