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Leonardo Pela detto Puci

Sei stato un mito del calcio trecentano.
Nel trentatre il presidente Nino Beri  
ha pregato l’allenatore di farti giocare,
avevi sedici anni, con poca peluria sul viso.
Qui ebbe inizio la tua bella carriera.
Dopo qualche anno sei stato visto da
Renato Botticini e ti volle nel suo Rovigo, in serie C.
Il tuo stipendio erano 450 lire al mese,
che spendevi per la maggior parte in spese.
In bicicletta fino a Salvaterra, poi in treno,
tre volte la settimana.
Non hai giocato molte partite ma hai
avuto l’onore di giocare con De Togni,
che poi giocò col Novara con Silvio Piola,
e con Riccardo Dalla Torre, poi in serie A,
gioco anche tre anni con la Fiorentina.
Memorabile fu la vittoria nel quarantuno, 
al “Memorial Alessandro Filippi”.
Che con al Tresenta hai vinto, battendo
prima il Rovigo 5 a 0 poi il Badia 4 a 3,
che festa quando tornasti con la coppa
a Tresenta in bicicletta.
Sempre i soldi sono stati un problema,
 ma maggior mente nel dopo guerra.
Un grave infortunio al ginocchio
ti convinse che era ora di tornare a Tresenta. 
Tu Leonardo con il presidente Ganzarolli
e qualche altro sportivo trecentano
comperaste delle maglie grigio verdi, 
che poi gentili signore perfezionarono.
Sarai giocatore- allenatore in Seconda Divisione nel 49/50,
Prima Divisione nel 51/52 e Promozione nel 53/54.
Chi di noi matusa, non si ricorda la mitica formazione:
Braghetta, Rizzioli, Verzaro, Lucchini, Amadori,
Romio, Vilotti, Barducco,Giorio, Menegatti, Salvadori. 
Io mi ricordo tutti, ma soprattutto Barducco,
che pur essendo di Bagnolo di Po, volle 
sempre giocare con la maglia officiale bianco-nera del Tresenta. 
Venne il bum economico a rovinare il vero sport paesano,
pochi soldi ma tanto cuore e entusiasmo.
Grazie mitico “Puci” di averci fatto sognare.
Con rispetto e devozione il tuo amico, Rizzati Guido.

La Zomeide

La siora Ganzerla detta Zomeide  
Trecentana molto loquace, 
la ghea un problema, la iera claustrofobica,
cosa vol dire, la ghea paura dal sarà.
Essendo na amiga dla maestra Cortlazzo,
la andasea a farghe compagnia.
Al posto al iera al botegnin dal cinema.
Quei veci come mi i slo ricorda.
Na sira a ghe vien un bisogno, 
stala li ad andare a casa gnanca, par sogno.
La va in tal ceso dal cinema,
a sirì mina matti cla sera la porta.
Intanto cle li cla pensa al più e al manco,
noantri anden dentro in sala, e a caten
quatro baldi zovani da Sarian, chi ghea
al vizio da vardare un film tre o quatro olte
a dipendea dla so longhezza.
A ierino de autunno a ghiera za al vin novo,
e lori par ne restare a seco e se nea portà a drio na fiasca. 
Tra bagige, brustoline e vin novo, a un a se ga agità al corpo.
Senza pensarghe un minuto al corre al ceso.
Strada fasendo al se disliga la zengia,
“ha meno male” al brontola “ e ghe la porta verta”.
Al se gira e “sbrun”, in tal stesso tempo al sente un zigo:
“Brutto porzelo”, ma ormai al ghea impinà al grombiale.
La iera la Zomeide li in tlultima fase dal so discorso.
La maestra cla intuise la sena, la se mete a ridare,
al “pompiere” al torna al so posto, come 
gnanca quelo del fato, la Zomeide, de corsa   
la verze la porta dla sala sbraitando:
“fermate porzelo, fermate porzelo”
quando la disfortuna la vole, sul schermo 
a ghiera gli Indiani ca attaccava al forte,    
un bordelo, nesuni a sentù ghente.
E la pora Zomeide clo so grombiale, m…
Le tornà a casa maledendo i posti ciusi. 

Il danaro

San Francesco diceva” Il danaro
è lo sterco del diavolo”.
Però senza danaro non si possono 
fare neanche le opere buone.
Allora come ci si deve comportare:
il saggio si serve del danaro, l’avido lo serve.
Al saggio gli ne serve quanto basta,
all’avido più ne ha più ne vorrebbe.
Se è vero che il danaro serve in questa vita,
 speso bene può servire anche nell’altra.
Mai nessuno si è portato danaro all’inferno.

La riconoscenza

La riconoscenza deve essere  
come una strada a due corsie.
Una che va, l’altra che viene.
Sii riconoscente quando ne hai le forze.
Se non ti sei allenato ad essere riconoscente,
vano sarà pretendere riconoscenza dagli altri.
Allo stesso tempo preparati a non farne 
un dramma, se quando te la sei meritata
non ti verrà corrisposta.
L’uomo è un animale molto strano.

Il bugiardo

Bugiardo è chi dice cose false.
Se lo fa ingenuamente o per vizio
è solo una persona poco credibile.
Se invece lo fa con malizia è un disonesto.
I bugiardi incalliti fanno fatica a credere
 vero quello che affermano loro stessi.
Il bugiardo doc deve avere buona memoria
e ricordare a chi ha fatto la confidenza.
Perché se non fosse coerente con le falsità
che dice “perderebbe in credibilità”.
Mio padre di fronte a questi bugiardi
li apostrofava così” Sei falso come una epigrafe”.

Il silenzio

Il silenzio non è mancanza di rumori.
Se tu ti chiudi in una stazza insonorizzata,
non sei immerso nel silenzio, sei isolato.
Se cerchi il silenzio lo puoi trovare
anche in mezzo alla folla rumorosa.
Sta nel sapersi isolare.
Sta nel sapere e sapersi ascoltare
Sta nell’indirizzare la nostra antenna 
verso la fonte del silenzio,
perché Dio è il silenzio costruttivo,
sta in noi saperlo ascoltare. 

Reticenza

Perché se ti viene chiesto di ricordare
hai paura di rispondere?
Se sei stato testimone di un avvenimento storico
E non dai il tuo contributo, rubi una parte di memoria.
Un popolo scienza memoria, è destinato a scomparire.
Un uomo senza ricordi è un vegetale.
Non devi per forza essere un eroe,
ma non devi neanche fare come lo struzzo,
mettere per paura la testa sotto la sabbia.

La fiducia

La vera fiducia la si può notare
nell’abbandono di un bimbo fra le braccia della mamma.
Nel credente verso il suo Dio.
Nei santi che non la perdono memento nelle tribolazioni.
Quindi è un dono di Dio.
Perché allora noi siamo spesso presi dalla sfiducia?
Convinciamoci “La fiducia è una cosa seria,
e se è una cosa seria perché non farla nostra alleata?” 

La fedeltà

Si dice è fedele come un cane.
Allora mi pongo alcune domande:
perché noi uomini giuriamo fedeltà
e poi con tanta disinvoltura la rinneghiamo? 
Nel matrimonio:” Sarò tuo, o tua per la vita”,
e poi qualche tempo dopo veniamo meno alla parola data.
Con gli amici “Tu sei un vero amico”,
poi basta una parola mal detta o mal capita
per rimangiarci tutto.
Con Dio nostro creatore, prima lo ringraziamo
e poi con la massima facilità lo bestemmiamo.
Lui ci ha creati liberi,
è questo il modo per ringrazialo?
E qui mi viene un dubbio;
sono gli animali le bestie
o lo siamo noi uomini.

Said e Gelsomino

Said e Gelsomino
stavano giocando in un giardino.
Stanchi si sono seduti su ad una panchina,
“Però stami lontano che non ti veda la mammina”.
Sono le parole di Gelsomino
il quale ha i difetti dei grandi anche se è un bambino.
Said spostandosi si fa rosso in viso
e replica “Tu mi allontani ma io ti faccio un sorriso”.
“Perdonami” replica Gelsomino dispiaciuto,
“La mamma mi sceglie le compagnie dappertutto:
a scuola, in piscina e in palestra,
e non vuole capire i consigli che ci da la maestra”.
Quando ci dice: “Bambini siate tutti amici 
non importa se il vostro viso è di diverso colore,
perché siete tutti opera del Creatore”