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Un Dio su misura

In questi giorni radio, tv e giornali parlano 
quasi solo di guerra.                                                                                                        
 Proclami e richieste di aiuto a Dio si accavallano.
Bush, esorta il suo dio di aiutarlo a sbarazzarsi
dell’avversario di oggi, che era l’amico di ieri,
e afferma l’ora del giudizio è vicina.
Saddam, chiama in suo soccorso Allah esortandolo
che lo aiuti a schiacciare l’infedele.
Papa Wojtyla Giovanni Paolo II non si stanca
di pregare il Dio di tutti gli uomini di buona volontà
il Dio della pace a favore del buon senso.
Sostenendo che le controversie vanno risolte
con la diplomazia e la buona volontà,
la guerra fa più danni, dei problemi che risolve.
Come si può pensare a un Dio che voglia la morte,
di bambini, donne, e vecchi, la distruzione di case,
strade, ponti chiese e moschee.
A tutto questo il vero credente si ribella,
e invece fa proprie le esortazioni del Papa 
solo con la preghiera, e la buona volontà,
da parte di tutti, l’umanità può trovare la 
vera pace, quella del Dio di tutti gli uomini.   

Non è mai troppo tardi

Dedicato all’università popolare

Per imparare cose nuove non è mai troppo tardi, ne ho le prove.
Sei anziano ma dove vuoi andare!
Se vuoi sapere all'università popolare.
Non avrò la mente lucida dei ventenni,
ma ho l'esperienza di vita dei sessantenni.
Se poi ti aspetta una buona compagnia,
è la migliore cosa che ci sia.
Quando i professori sono di prim'ordine e con capacità,
s'impara sempre a qualsiasi età.
Argomenti come arte, medicina, letteratura ed economia,
mi sono appassionato anche di astronomia.
Quando una cosa è nuova e non si sa,
ti riempie di stupore ad ogni età.
Come in tutte le scuole ci sono i più e i meno diligenti,
ma nella nostra c'è posto anche per i poco intelligenti.
Perché nessuno si offenda, sia chiaro,
c'è posto anche per me che sono un somaro.
Se il modo do vestire dei maschi è abbastanza trasandato,
quello delle femminucce è moderno e ricercato.
Però a differenza di quarant'anni fa, almanco,
non mi risulta girino bigliettini sotto banco.
Si sente dire che a Trecenta non nasce mai niente,
invece siamo un numero più che soddisfacente.
Come un pacco regalo ben confezionato,
lo devi guarnire con un nastro colorato.
Il nostro nastro niente meno ha i colori dell'arcobaleno.
Perché se Dante ha avuto per musa Beatrice,
noi abbiamo la più brava coordinatrice.
Per finire a questo punto ben ci sta,
evviva tutti noi e l'università…

Trecenta, 2001

pubblicata in Experienzia, giornale Università Popolare Polesana, anno 2004

La politica

La politica è la scienza e l'arte di governare lo stato,
questo, fin da bambino mi hanno insegnato.
Spesso però può diventare una chimera che per la scarana,
induce certe donne ad alzare la sottana.
Se poi in palio c'è il divano,
qualche uomo dà via anche il deretano.
Si è visto certi politici che per i loro errori sembravano spacciati
dopo qualche mese, sotto un'altra bandiera li vedi riciclati.
Un mio avo mi diceva: "La politica  fata de certi è una cosa sporca".
Io dico: "Questa gente meriterebbe la forca".
Quando vedo il marasma nel nostro Parlamento,
mi viene voglia di mandarli tutti in convento.
Non uno normale, ma di clausura,
e che il guardiano perdesse la chiave della serratura.
Sperare in una generazione politica leale e seria!             
Che bella cosa sarebbe porca miseria.
Solo che questa è vera utopia,
perché? Così è, e così sia.

Per chi suona la campana

Oggi 12 novembre 2003,
diciotto eroi hanno dato la loro vita.
Uccisi da un odio feroce e insensato.
Mamme, papà,mogli e figli li piangono.
Molti, ma non tutti pregano.
I politici parlano.
L’opinione pubblica scossa, riflette.
I cittadini portano fiori.
Di questi misfatti di chi è la colpa?
Le nostre colpe, quali sono?
Quando mettiamo il nostro zampino?
Ogni volta che come cittadini del mondo,
prendiamo posizione,questi sono buoni, questi cattivi.
Ogni volta che nel colore della pelle,                                                                               
vediamo un nemico e non un fratello.
Quando le nazioni si schierano le une contro le altre.
Quando il più forte vuole imporsi.
Quando le religioni dividono invece di unire.
Quando non comprendiamo che Dio
ci ha creato tutti suoi figli.
Quando non aiutiamo i poveri e i deboli,
come ci ha insegnato Gesù.
E’ tutto questo che ci rende complici.
Se continuiamo di questo passo, non domandiamoci:
“Per chi suona la campana”.
Perché prima o dopo suonerà anche per noi.

Parla come te magni

Par esar capii senza difficoltà,
lè  pruente parlar come i sa insegà.
Con sta mania de parlare l’italian,
spesso che figure! Se fa ridare anche i can.
Da più parti se sente dire ne se parla più in dialetto,
e par le nove generazion l’è un difetto.
Se core al ris-cio cari i me signori,
da ne capirse tra fioi e genitori.
La mamma restà in paese in tla so casa dirocà ma pulita,
la se trova a disagio e se ghe complica la vita.
Quando al fiolo dalla zità al vien farghe visita al ghe parla in modo stran,
lu al dise cal parla l’italian.
La pora dona la fa na confusion,
quando al fiolo al ghe domanda par lavars, il zappon.
La corre in tla casona de drio dla cà,
e la ghe porta la zappa più grande che la gà.
Una putela di bell’aspetto,
ma la sea dismentega come se parla in dialetto.
Tornà in paese dalla zitta,
al negoziante de scarpe la ga domandà:
“Mi dia un paio di chiavate”.
Al vecetto ricordando le primavere andate.
Pronto al ghe risponde: una a mala pena capirai,
par do al cuore al me procuraria seri guai.
Avendo un bisogno, la nuora in zittà abituà,
domanda al suocero il water dove latria trovà.
Sta parola al poro omu al nlea mai sentù in vita sua,
visto che non al gavea capio, per farsi capire: “Dove si va quando la pancia ha la bua”.
Qua in campagna ghen solo un cesso all’aperto e un cadin,
risponde gentilmente al poro contadin.
Alora sbotta la nuora: “Se non cè il water, caghi no”.
Riceve come risposta: “Allora s-ciopa sì”.
Somia stà ciaro,par farse capire in modi perfeto,
sa ne se sa l’italian le mejo parlare in dialetto. 

L’onorevole


L’onorevole anche se non merita è osannato,
non solo dalla plebe anche dal prelato.
E all’ora se gli ultimi saranno primi?
Tu ultimo abbi pazienza,
solo dopo morto, non dagli uomini ma da Dio avrai riconoscenza,
Perché come ha detto un saggio,
le opere buone, spesso si realizzano con le bugie dei politici
(e io dico non solo) e la carità dei poveri.
evidentemente oggi c’è ancora qualche credulone.

Il giocattolo

Tutti, da bambini, avevamo un giocattolo preferito, guai a chi lo toccava, chi si provava, ci faceva andare in bestia. Più avanti  negli anni, vuoi, aiutati dal destino, ma molto con la nostra volontà, ce ne siamo costruito uno (in senso metaforico: lavoro, istruzione, famiglia, carriera).
Spesso il risultato non è stato soddisfacente, ricostruirlo diversamente sarebbe stato arduo, tant’è, con l’entusiasmo  giovanile, ce ne siamo affezionati.
Nei primi tempi funzionava egregiamente, lo curavamo, lo oliavamo nelle parti in movimento, lo dotavamo di altri accessori, diventava sempre più perfetto o ci sembrava.
Ma gli anni passano, l’entusiasmo diminuisce, i meccanismi si logorano e incominciano a cigolare.
Essendo distratti, questi segni non li abbiamo visti subito, l’usura cresceva, arrivano le prime rotture, le riparazioni non erano accurate, le saldature superficiali. Finché per il bel giocattolo arriva un cedimento importante. Sapendo che “la vita” di questo giocattolo è composta da vari elementi autonomi, ma complementari e per questo obbligati a collaborare, affinché il carriaggio rimanga efficiente, anche se cigolante, continuerebbe a camminare, altrimenti il giocattolo sarà da buttare.  Ovviamente se questo avviene, il possessore di tale congegno si sentirà deluso, per il fallimento e cercherà la causa responsabile di tutto ciò, ma non la troverà. Se il malcapitato ha la fede in Dio, bene, sarà la sua ancora di salvezza, se gli mancherà anche questa, non gli resterà che sedersi sulla riva del fiume e aspettare il traghetto chiamato “morte”, che lo porterà sull’altra sponda e là sarà  “pianto e stridor di denti”.                  

Il gigante e i disperati

Era un tranquillo mattino di fine estate,
quando due tuoni infernali le due torri hanno massacrate
Grida, sgomento, morte e terrore,
questo ha visto lo stupefatto spettatore.
Si è subito pensato: “Chi è il brigante,
che ha voluto colpire il colosso, il gigante?”
Subito dopo le prime immagini, c’era che frugava nelle macerie,
dolore, disperazione, rabbia e quante miserie.
A questo punto è d’obbligo una riflessione e una domanda:
dove è andata a finire la prevenzione di chi comanda.
Capisco poco di controspionaggio, FBI, CIA e sicurezza dello stato,
ma in questo caso si può pensare che il gigante fosse addormentato.
Si sapeva bene che gli allievi talebani, ben addestrati,
contro il gigante si sono ribellati.
Agire così, come hanno fatto i terroristi, è un comportamento infame,
ma tu gigante con la pancia piena non hai mai provato la fame.
E si dovresti averli visti quei reietti,
vivono ai margini delle tue città, ammassati nei ghetti.
Tu ti sei sempre eretto despota e giustiziere,
non è in questo modo che si esercita il potere.
Tu mandi sulla sedia elettrica e nelle camere a gas
I poveri negri, indios, portoricani e mandi liberi i potenti e i rais.
A lungo andare, anche un santo si può ribellare.
Ora gigante fermati e rifletti,
cerca di porre rimedio ai tuoi tanti difetti.
Oggi più nessuno si incanta,
non metterti anche tu a fare la guerra santa.
I morti e le vittime innocenti,
gridano vendetta a Dio anche si i misfatti sono commessi dai potenti.

Trecenta, settembre 2001

Il dottore e il contadino

Intelligenti  si nasce, l’istruzione si acquisisse,
tutto questo è di una logicità inconfondibile.
Però per molto tempo, forse anche oggi, si confondeva l’intelligenza
come una dote esclusiva dei ricchi o dei potenti.
Chi nasceva da una famiglia ricca per diritto era un toccato da Dio.
Tanto è vero che anche oggi si dice: Che un imbecille ricco è un signore,
chi è un imbecille povero é un  imbecille.
Era consuetudine che il figlio del Medico diventasse Medico,
il figlio dell’Avvocato, Avvocato,
dell’Ingegnere, Ingegnere e cosi via.
Non importava se era  ignorante o un  incapace, cosi dovevano andare le cose.
Spesso ti trovavi davanti persone frustrate, incapaci e fallite.
Anche oggi si possono vedere persone mediocri, diventare Re, Conti, Baroni.
Il colmo del ridicolo è che i loro sudditi ne vanno orgogliosi,
di che cosa poi, ma!   
Ognuno ha quello che si merita.
Ricordo con pena e rabbia una discussione avuta con un Medico,
lui mi ha chiesto se era vero che mio figlio si fosse iscritto all’Università.
Alla mia risposta affermativa, (a dire il vero orgogliosa), mi disse:
“Sa che sarà destinato ad essere un disoccupato”!
La mia risposta fu: “E’ meglio un laureato intelligente disoccupato,
che un Dottore ignorante occupato,
vedrà che in qualche modo con il suo ingegno se la caverà”.
“Se poi lei pensa che io ho la capacità e la volontà di lavorare e mio figlio è dotato,
di che cosa devo preoccuparmi”.
Capito di avere sbagliato a malincuore si è scusato.
La mia esperienza mi fa dire: “Cosa c’è di più soddisfacente di quando ti  accorgi  di aver capito cose che altre persone non capiscono”?
Senza la presunzione di essere più bravo ma per la soddisfazione personale?
Poi l’intelligente se è tale, non ostenta mai la sua bravura,
ma si rende sempre disponibile se richiesto, non è spilorcio, è misurato,
non alza mai la voce e pretende la ragione se sa di averla.
Di fronte all’arroganza si tira in dietro, non per vigliaccheria, ma aspetta
che l’arrogante si calmi,
e poi con pazienza cerca di aiutarlo a ragionare, se anche questo non serve,
capisce di trovarsi davanti non solo un arrogante ma anche un cafone, e lascia perdere.
L’intelligente gode di tutto quello che è bello: Musica, arte, natura,
non si arrende mai è sempre alla ricerca, esperimenta, in una parola: “Vive”.
E’ apprezzato da chi non è invidioso.
Invidiato da chi ha dei limiti ma sa valutarlo.
Disprezzato solo da chi si crede furbo, ma che in sostanza è una nullità.
A suffragare la mia tese mi viene in aiuto la Bibbia.
Dal Libro della Sapienza. Cap. 6, vers. 12-19:
“Splendida e incorruttibile è la sapienza, facilmente è conosciuta da quanti la amano
e si lascia trovare da quanti la cercano.     
Per farsi riconoscere essa previene quanti la desiderano.
Chi si leva  di buon mattino non dovrà faticare, perché la troverà seduta alla sua porta.
Pensare ad essa è perfetta intelligenza, e chi veglia per lei sarà presto senza pena;
perché essa va in cerca di quanti sono degni di lei,
nelle strade appare loro con benevolenza e va loro incontro in ogni loro progetto.
Suo principio è un sincero desiderio di istruzione, la cura dell’istruzione è amore;
l’amore è osservanza delle leggi;
il rispetto delle leggi è garanzia di incorruttibilità e l’incorruttibilità
ci fa stare vicini a Dio”…     

Il donatore AVIS

Tutti gli anni leggi sui giornali
titoli a caratteri cubitali.
Anche quest’anno il Capo dello Stato
i Cavalieri del lavoro ha nominato.
Ogni premiato, è normale,
ha avuto un merito speciale.
In terza pagina c’è un articoletto
che riguarda un incidente maledetto.
Per fortuna il malcapitato
con varie trasfusioni i medici hanno salvato.
Distratto caro il mio lettore,
per quel sangue c’è stato un donatore!
Un donatore che gratuitamente
ha dato il suo sangue non chiedendo niente.
(Qualche Cavaliere, non tutti, il sangue ha succhiato
per arrivare al punto dov’è arrivato).
Ai donatori dell’A.V.I.S. questo non impressiona,
loro lo sanno che hanno fatto un’opera buona.
Quand’è sul lettino del Centro trasfusionale
per lui donare è una cosa normale;
non si chiede a chi, il sangue è destinato:
lui è contento di averlo donato
se a un bianco, a un negro o mulatto,
gli basta sapere che a salvare una vita ha collaborato.
Sono certo che se Dante riscrivesse la sua opera immortale,
in Paradiso al donatore riserverebbe un posto eccezionale.
Non voglio esser cattivo, ma certi signoroni
all’Inferno li metterebbe, nei suoi gironi.
Donare senza pretese e gratuitamente
Fa sorridere anche Dio Onnipotente.
Allora, se agli uomini il mio gesto passa inosservato,
(non so quanto e come) ma sicuramente sarò premiato.

Pubblicata  su LA SETTIMANA settimanale cattolico diocesano.