Said e Gelsomino

Said e Gelsomino
stavano giocando in un giardino.
Stanchi si sono seduti su ad una panchina,
“Però stami lontano che non ti veda la mammina”.
Sono le parole di Gelsomino
il quale ha i difetti dei grandi anche se è un bambino.
Said spostandosi si fa rosso in viso
e replica “Tu mi allontani ma io ti faccio un sorriso”.
“Perdonami” replica Gelsomino dispiaciuto,
“La mamma mi sceglie le compagnie dappertutto:
a scuola, in piscina e in palestra,
e non vuole capire i consigli che ci da la maestra”.
Quando ci dice: “Bambini siate tutti amici 
non importa se il vostro viso è di diverso colore,
perché siete tutti opera del Creatore”

Uccellino

Eri un uccellino dalle piume variopinte.
Cinguettavi motivi melodiosi.
I tuoi occhi erano del colore dei miei.
Il tuo cuore era fratello del mio.
Mi hai allevato e coccolato.
I giorni passano.
Ti sei trasferita in un altro nido.
Eri entusiasta e felice.
Hai dato la vita a tre pulcini.
Uno con il tuo carattere,
due più ribelli.
Il tuo compagno si rivelò supponente.
Tu quasi scienza colpa,
hai dovuto espiare quelle degli altri.
Il calvario crebbe.
Le piume caddero.
Ti lasciarono nuda.
Hai smesso di cantare.
Sei caduta in depressione.
Non sei stata capita.
Eri diventata un peso.
Tu che per natura sei nata libera.
Ti hanno chiusa in una gabbia prigione.
Era primavera, era Pasqua.
Ti hanno aperto la porticina.
Ti sei affacciata,
sei rimasta delusa ancora una volta.
Hai preferito volare in cielo.
Tu sei buona, non serbare rancore.
Se hanno sbagliato Dio giudicherà.
Io ti sento sempre cui con me,
con noi, quelli che ti hanno amato.

Un Dio su misura

In questi giorni radio, tv e giornali parlano 
quasi solo di guerra.                                                                                                        
 Proclami e richieste di aiuto a Dio si accavallano.
Bush, esorta il suo dio di aiutarlo a sbarazzarsi
dell’avversario di oggi, che era l’amico di ieri,
e afferma l’ora del giudizio è vicina.
Saddam, chiama in suo soccorso Allah esortandolo
che lo aiuti a schiacciare l’infedele.
Papa Wojtyla Giovanni Paolo II non si stanca
di pregare il Dio di tutti gli uomini di buona volontà
il Dio della pace a favore del buon senso.
Sostenendo che le controversie vanno risolte
con la diplomazia e la buona volontà,
la guerra fa più danni, dei problemi che risolve.
Come si può pensare a un Dio che voglia la morte,
di bambini, donne, e vecchi, la distruzione di case,
strade, ponti chiese e moschee.
A tutto questo il vero credente si ribella,
e invece fa proprie le esortazioni del Papa 
solo con la preghiera, e la buona volontà,
da parte di tutti, l’umanità può trovare la 
vera pace, quella del Dio di tutti gli uomini.   

Vecchio avvisino

Ieri notte ho sognato,
che dalla mia coscienza sono stato interrogato.
“Come hai vissuto la tua esperienza”.
La risposta la vuoi sincera o con indifferenza.
Guarda con tè voglio essere sincero,
anche perché tu hai il modo di giudicare se sono falso o dico il vero.
Dipende dall’umore, quando sono pessimista la penso in questo modo:
“che all’inizio sono stato coccolato,
poi il mio sangue ho donato,
e alla fine dalla dirigenza abbandonato”.
Però si come un avvisino non può essere pessimista ti dico:
“Quando sono stato scelto mi sono sentito lusingato,
orgoglioso di avere il prossimo aiutato,
e da te mia amica coscienza ringraziato”.
Lei con fare austero ed impettita,
mi disse:” Nel bene e nel male cosi è la vita”.
A questo punto mi sono domandato:
“Questo sogno lo fatto da sveglio o da addormentato”? 

Dedicato a Mons Vittorio Zanca

Quasi sempre le orazioni funebri vengono tenute da oratori che adoperano paroloni altisonanti, e spesso la persona che onorano la conoscono poco o niente, alla fine l’orazione lascia il tempo che trova. Per don Vittorio, avendolo conosciuto bene servono solo tre parole: sobrietà, dovere e fedeltà.

Sobrietà

Per carattere, educazione e modo di vivere la sua missione, spiccava in lui la sobrietà. Intesa come modestia e mancanza di sfarzo. Poche volte lo abbiamo visto con la fascia rossa che le spettava con tanto merito dopo la nomina a Monsignore, a chi glielo faceva notare diceva: “la dovreste portare voi, che mi state sopportando”. A chi lo consigliava di cambiare auto diceva sorridendo:” non voglio mi si dica che sono un ambizioso”. A quelli che criticavano dicendo che la casa canonica era disadorna li metteva a tacere dicendo”: la casa del prete non ha bisogno di sfarzo per essere accogliente, e non deve ospitare frivolezze e pettegolezzi, e deve essere aperta ad amici propensi a consigliare disinteressatamente.

Dovere

Il dovere era al primo posto nelle sue azioni, verso i parrocchiani, soprattutto verso ai poveri e agli ammalati, verso ai superiori e verso Dio. Godeva delle vicende belle e soffriva di quelle brutte.

Fedeltà

Fedele sino in fondo alla sua missione anche se gravemente ammalato e fedele a noi Trecentani tanto che ha voluto venire tra noi anche dopo morto, sebbene per vari motivi non lo meritavamo. Non c’è bisogno di dire quando è nato, quando è stato consacrato sacerdote e quando è morto, perché don Vittorio è stato con noi, uno di noi e sarà sempre con noi.

Caro amico don Vittorio dal cielo prega per noi. A nome di tutti i trecentani i tuoi amici.

Guido, Massimo e Claudio 

Il volontario

Frutto del tempo libero e per aiutare l'ammalato,
è nata una nuova occupazione: il volontariato.
Se vai per caso in ospedale,
vedi figuri con tuniche bianche, verdi e gialle.
Sai chi sono? “I gruppi di volontariato
che ognuno a suo modo è organizzato".
Ti domandi, c'era bisogno di tanti colori?
O forse non vanno tanto d’accordo tra de lori…
Fare queste opere ci vuole tanto amore e tatto,
spesso ti accorgi che il lavoro l’hanno improvvisato
Ricordo quella bambina, che per fare un'opera buona,
ha fatto attraversare la strada, senza bisogno a sua nonna.
Senti dire spesso: “Cosa viene fare in ospedale,
che a casa loro hanno dei famigliari che stanno male”?
Ne conosco uno molto originale,
ripete che sempre che le cose al mondo vanno male.
Non contento di portare il camice come un Dottore.
ora si è messo a fare il moderatore.
Nel suo modo di parlare ricercato,
sfilza sempre in mezzo la legge di mercato.
A chi non  conosce le sue opere e il suo zelo,
sostiene che il tutto è frutto del suo vangelo.
Non per tutti, ma per qualcuno,
un proverbio è opportuno.
“Quando al corpo se frusta
l'anima la se giusta”.
Se i sbaglia loro o sbaglio io,
questo lo sa solo il buon Dio.

Uovo esplosivo, un militare per amico

Sotto al grande albero, riparato dal sole e dagli occhi indiscreti si trovava un grosso carro armato tedesco. Il gigante d’acciaio con la sua mole e il suo equipaggiamento bellico contrastava con la scena pacifica e serena che lo attorniava, polli che razzolavano, oche e anatre che nuotavano nel piccolo stagno che si trovava vicino al pozzo.

C’erano perfino una capretta con suoi due gemellini. Queste bestiole erano i compagni di gioco di Giacomo, bimbo di quattro anni, sveglio e curioso. Quel mattino, ancora con gli occhi assonnati, corse alla finestra della sua stanzetta per salutare i suoi amici animali e come vide quel bestione di ferro rimase sorpreso e chiese alla mamma cosa fosse e quando fosse arrivato; la mamma subito rispose alla sua domanda: “Come vedi Giacomo, quello è un grosso motore arrivato questa notte mentre tu dormivi”. Al  bambino, quando sentiva parlare di trattori che erano la sua passione gli si illuminavano gli occhi e di corsa, scalzo, (eravamo d’estate) volle vederlo da vicino. Giunto a pochi passi dall’oggetto della sua curiosità, fu fermato da un militare tedesco, il bimbo senza perdersi d’animo chiese “E tuo questo motoe, lo posso vedee”.

Il militare un uomo di trent’anni che parlava bene l’italiano perché da giovane aveva studiato a Roma gli rispose:” Vedi bel bambino io sono il responsabile di questo motoe (come dici tu) e nessuno si può avvicinare se non in mia presenza”.

Giacomo accettò il patto e in poche ore diventarono amici. Il bimbo faceva domande, e il suo amico rispondeva, anche perché gli sembrava di parlare con suo figlio nato poco dopo che era partito per la guerra e non l’aveva mai visto se non in fotografia.
Il momento più emozionante arrivò quando, aiutato dal suo amico, salì sul mezzo. E giù domande “ che cos’è queto, e quello”, e il soldato con bella maniera e pazienza a rispondere, fino a che gli occhi del bimbo si fissarono su  degli oggetti strani messi in ordine  sopra ad un’apposita mensola inaccessibile ad un bambino. erano bombe a mano. “Che cosa sono quelli”.
L’amico per non impressionarlo rispose “ Sono le uova del carro armato”.
Giacomo avuta la risposta rimase in silenzio perplesso, finita la ricognizione si salutarono, ciao Giacomo; “ciao militae”.
Il giorno dopo Franz (mi ero dimenticato di dirvelo questo era il nome del militare) riordinando le sue cose si accorse che qualcuno era salito sul carro; lì per lì non diede molta importanza al fatto; invece fu preso dal terrore quando si accorse, dopo averle contate più volte, che mancava una bomba a mano. Chi l’aveva presa  aveva l’accortezza di spostare le altre in modo di non fare scoprire subito il furto. Accortosi del fatto, il militare rimase come paralizzato: come giustificare il furto presso i suoi superiori dato che era lui il responsabile di ciò che aveva in dotazione? Chi poteva essere salito senza che lui lo vedesse, e come aveva fatto tenendo presente che in sua assenza il mezzo era sempre chiuso a chiave: un bel rompicapo!

Decise di indagare in modo riservato senza dare nell’occhio per non aggravare la situazione.
Dopo avere scartato tutte le ipotesi più o meno realistiche, si concentrò su quella che riteneva la più  probabile. Come folgorato da questa idea si mise a cercare la padrona di casa, la trovò nell’orto che stava raccogliendo i pomodori.

Quando la donna vide che il militare veniva verso di lei fu presa da un certo imbarazzo; quando il militare le fu vicino accortosi che la donna era diventata tutta rossa in viso la rassicurò dicendo in un buon italiano: “Mi scusi signora, non abbia paura vorrei solo chiederle se ha delle galline che covano”. La donna sorpresa da questa domanda rispose: “A ghea na cioca tardiva ma la ma abbandona al nido, al sa con sto caldo, e la ma fatto andare a ramengo tutti i ovi, però la ne vol discoarse le sempre in nido”.  “Può farmela vedere?” “Come al vole sior”; e scorlando la testa la se disea dentro de ela questo le mato”, e lo condusse nel pollaio. “Adesso può farmi vedere quante uova sta covando?”

La donna sempre più sbalordita: ”Come al vole sior ma come go dito ie tutti lendegari( andati a male) “. La donna sollevò la chioccia delicatamente e con sorpresa vide che in mezzo alle uova bianche ve n’era una nera: era la bomba. Al vedere ciò, si mise le mani nei capelli gridando :”Madonna mia!” Il militare la rassicurò:” Signora non è niente”, e delicatamente raccolse la bomba per non creare guai seri.

A poca distanza dalla scena si trovava Giacomo che uscendo da suo nascondiglio corse singhiozzando fra le braccia della mamma gridando:” Mamma, mamma il militare mi aveva detto che quello era un uovo di carro armato e io l’ho messo sotto la ciocca, perché ne volevo uno piccolo tutto per me”. Vedendo tutto ciò il militare accarezzò Giacomo pronunciando queste parole: “La colpa è tutta mia, d’ora in poi chiamerò con il loro nome tutte le cose; ma dimmi quando l’hai  presa? “Quando ieri ti ho detto che avevo fame e tu sei andato a prendermi una galletta (pane militare).

A questo punto Franz con una certa severità apostrofò Giacomo: “Impara a non mettere le mani su cose che non conosci; questa volta è andata bene ma poteva succedere una disgrazia”.
La mamma stringendo amorevolmente il bimbo al seno:” Eto capio”, e come risposta: “Si mamma”.
Morale, noi adulti dobbiamo capire che ai bambini si deve dire sempre la verità per non correre il rischio di fatti incresciosi.

pubblicato su Experientia 20° Anno accademico 2005-2006

L’uomo venuto da lontano

Trenta anni fa ho conosciuto un uomo venuto da lontano.
Che avesse tutte le caratteristiche di un buon amico lo si notò subito.
In seguito la sua missione lo portò verso altri lidi, per un lungo tempo.
Ogni incontro occasionale era una conferma che avevo trovato un buon amico.
Come in tutte le belle storie le strade si sono incontrate nuovamente.
E' intelligente, ma mai saccente.
E' generoso oltre ogni limite.
E' modesto ma mai remissivo.
E' accondiscendente ma esigente.
E' testardo verso se stesso e pensa che il  riposo sia un lusso per i ricchi.
Mette il dovere prima della salute.
E' buono da far venire rabbia.
La natura, oltre tutto, lo ha dotato di una voce invidiabile.
Da esempio a fare il bene, nei momenti di gioia e nei momenti dolorosi.
Penso che qualche volta si senta solo. Ma non deve mai sentirsi abbandonato, né da Dio,
che serve come pastore,  né dagli amici che lo stimano.
Avete capito bene. E' il nostro Don Ferdinando.
Ora è un momentaccio, ma sono sicuro che presto tornerà il sereno.
Essergli vicino e pregare il Buon Dio per lui ora è un dovere.
Maria  Santissima lo protegga dal cielo.
Essergli amico è un onore, specialmente quando il rapporto non nasce dall'esterno
ma viene dal cuore.

Trecenta, 2001

Festa di Tutti i Santi

Questa mattina mi sono svegliato di buonumore, tutto per un sogno fatto, tanto bello che lo voglio raccontare. Ho sognato d’essere bambino, e nonostante fossimo in autunno fui colpito nel vedere
un giardino fiorito come in primavera. Attratto da questa bellezza, e trovando il cancello aperto, mi affacciai per guardare dentro.
Fu a questo punto che un bambino dalla mia età, con gli occhi vivi e i capelli biondi mi prese per mano. Meravigliatogli chiesi: “Ma tu chi sei”, e lui rispose “Il tuo angelo custode, vieni con me”.
Mi condusse verso il centro del giardino dove si svolgeva una festa.
I partecipanti erano divisi in due gruppi, quelli davanti vestiti di bianco, con in mano gigli candidi, quelli che seguivano vestiti di grigio, loro avevano un mazzo di rose rosse, con nel gambo qualche spina.
Avanzavano verso il centro del giardino, da dove veniva una luce accecante, e accompagnati da canti e suoni melodiosi. Il mio accompagnatore incominciò a spiegarmi la scena: “Vedi quelli sono i Santi del Paradiso oggi è il loro giorno, se guardi bene puoi notare che sono tutti uguali, non ci sono differenze, i più venerati tengono per mano i meno, i bianchi con i neri, poi gridò guarda…guarda è
arrivata anche una suora piccola e curva, guarda la luce che emana dagli occhi.
A questo punto mi spiegò perché portavano vestiti diversi: quelli in bianco sono stati purificati, gli altri lo stanno facendo, se guardi bene nella folla vedrai anche i tuoi genitori e fratelli, come un solo popolo, tutti vanno verso la luce,che loro vedono, invece tu e i tuoi amici intravedete. QUELLA LUCE E’ DIO.
A questo punto mi svegliai, la voce della radio ripeteva: “Oggi è il 1° novembre”.

Non è mai troppo tardi

Dedicato all’università popolare

Per imparare cose nuove non è mai troppo tardi, ne ho le prove.
Sei anziano ma dove vuoi andare!
Se vuoi sapere all'università popolare.
Non avrò la mente lucida dei ventenni,
ma ho l'esperienza di vita dei sessantenni.
Se poi ti aspetta una buona compagnia,
è la migliore cosa che ci sia.
Quando i professori sono di prim'ordine e con capacità,
s'impara sempre a qualsiasi età.
Argomenti come arte, medicina, letteratura ed economia,
mi sono appassionato anche di astronomia.
Quando una cosa è nuova e non si sa,
ti riempie di stupore ad ogni età.
Come in tutte le scuole ci sono i più e i meno diligenti,
ma nella nostra c'è posto anche per i poco intelligenti.
Perché nessuno si offenda, sia chiaro,
c'è posto anche per me che sono un somaro.
Se il modo do vestire dei maschi è abbastanza trasandato,
quello delle femminucce è moderno e ricercato.
Però a differenza di quarant'anni fa, almanco,
non mi risulta girino bigliettini sotto banco.
Si sente dire che a Trecenta non nasce mai niente,
invece siamo un numero più che soddisfacente.
Come un pacco regalo ben confezionato,
lo devi guarnire con un nastro colorato.
Il nostro nastro niente meno ha i colori dell'arcobaleno.
Perché se Dante ha avuto per musa Beatrice,
noi abbiamo la più brava coordinatrice.
Per finire a questo punto ben ci sta,
evviva tutti noi e l'università…

Trecenta, 2001

pubblicata in Experienzia, giornale Università Popolare Polesana, anno 2004