Il Palazzo Pepoli “Al Palazzon” di Trecenta, è un gioiello dell’architettura Emiliana – Ferrarese, risalente al XVI secolo. Va tenuto conto che per la costruzione gli architetti si ispirarono all’opera significativa allora in auge, presente nell’area emiliana-bolognese, e alla quale il “Palazzon” di Trecenta è sicuramente debitore.
I nomi che si fanno per la realizzazione dell’opera, con maggiore probabilità sono quelli di
Giovan Battista Aleotti, detto l’Argenta e di Giuseppe Antonio Torri, operanti in quel periodo nella zona e per gli stucchi invece il nome più probabile è quello dello scultore Gianfranco Bezzi, anche lui presente in zona in quel periodo.
I primi elementi della costruzione sono dovuti alla famiglia Bentivoglio, ramo ferrarese dei signori di Bologna, poi cacciati da Papa Giulio II nel 1506. A seguito di matrimoni tra le famiglie Bentivoglio e Pepoli, le proprietà in Trecenta passarono in dote a questa ultima. Nel 1687, Ercole Pepoli decise di ampliare le precedenti strutture, commissionando il restauro e l’ampliamento del “Palazzon” all’architetto bolognese Giuseppe Antonio Torri.
Il Palazzo Pepoli, all’interno si apre con un grande salone con soffitto a volta, decorato con cigni e angeli, ed un ballatoio in legno che si raggiunge con una scala a chiocciola di pietra. Un’arcata unisce l’edificio alla dipendenza, un rustico del 1779 che porta lo stemma della famiglia veneziana Grimani. Villa Pepoli s’innalza solida e imponente ai margini del centro abitato, quasi a significare il distacco altero del signore feudale e il suo potere sul popolo minuto. Il salone centrale non ha nulla in comune con le raffinate ma fredde ed austere sale d’attesa delle ville padronali palladiane: esso porta alla mente i toni caldi delle musiche rinascimentali, delle commedie, dei pranzi sontuosi e delle feste estive. Tutto nel palazzo ruota attorno al “Salone-Teatro”; non c’è un’entrata indipendente: chi entra si affaccia subito nel salone.
Durante il XIX si ha la decadenza e l’estinzione della famigli Pepoli. Cessata la funzione di rappresentanza, il Palazzon viene ridotto a magazzino e usato per l’essiccazione del tabacco prodotto nell’azienda agricola che passò, insieme con l’edificio, nella prima meta dell’ottocento, ai Conti Spaletti.
Villa Pepoli “El Palazon” conservò i suoi arredi, mobili, quadri, pare anche argenteria, porte di magnifica fattura, fino a circa il 1944. La fine di questo patrimonio è da imputarsi, alla guerra e agli eccessivi costi occorrenti per la conservazione. In quel periodo era fattore Guido Pederzini.
Tra il 1944 ed al marzo – aprile 1945, i Tedeschi utilizzarono la Villa come sede del comando di zona. Quando gli eventi precipitarono, loro buoni esperti di cose di valore, ne approfittarono, e fecero man bassa di tutto quello che era trasportabile. Finita la guerra, per qualche tempo in quello che era rimasto del bel salone si tennero feste di ballo popolari. Dopo tanto soffrire la gente sfogava tutta la sua voglia di allegria.
La famiglia Spaletti nel 1988 lo cedette, con una donazione, il Palazzo alla Regione Veneto che intervenne tempestivamente con il restauro, utilizzando principalmente fondi comunitari.
Appena in tempo per sottrarre l’edificio a un rapido declino provocato dal crollo di parte del tetto e dall’abbandono. Per questo intervento oggi si può ammirare il “Palazzon”, in tutto il suo splendore, risanato e aperto al pubblico.
Per aver maggior informazioni storiche si veda il “Pepoli e Bentivoglio nella terra di Trecenta” di Caberletti Michelangelo