All’albeggiare una lieve coltre di nebbia, filtrata dai raggi del sole nascente nascondeva la superficie dell’acqua come un velo sottile, destinato a scomparire al primo soffio mattutino. Gli occhi di chi guardava rimanevano estasiati nel vedere apparire il corso del fiume in tutta la sua bellezza. Come per incanto si popolava. Colpivano i gesti mai scomposti del pescatore mentre ricuperava le reti posate la sera prima. Se rispondeva al saluto con allegria voleva dire che la pesca era buona, altrimenti sudore e fatica sprecati. Al nero pece della barca faceva contrasto il bianco piumaggio di gruppi di oche e anatre domestiche. Vedere come si tuffavano alla ricerca di pesciolini e alghe era uno spettacolo. La mente andava ai loro poveri padroni, (queste erano tra le poche ricchezze che potevano contare, la carne e le uova, le quali facevano meno grama la loro vita.) Caro vecchio fiume allora le tue acque erano fonte di vita, erano talmente pulite da poterle bere. Ristoratrici nelle calure estive. Memorabili rimangono le lunghe nuotate fatte in compagnie promiscue. Maschietti imberbi ma con occhi maliziosi, femminucce vestite con tuniche bianche che una volta inzuppate lasciavano intravedere corpi meravigliosi, guardarli non si faceva peccato, tanto areno opere d’arte del Creatore. Dolce fiume sei rimasto solo un caro ricordo ora le tue acque si sono intorbidate, emanano odori pestilenziali, non specchi più il cielo. Le bianche oche sono state sostituite da bottiglie e taniche di plastica. I pesce gatto e le tinche divorati dai pesci siluro. Ti ricordo quando eri fonte di vita, l’incuria dell’uomo ha decretato la tua morte. Ciao dolce e caro fiume, amico della mia gioventù.
Alba sul fiume
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