Vita contadina – Ricordi d’infanzia

Questi ricordi perché siano più comprensibili, a chi ha la compiacenza di leggerli, hanno bisogno che siano precisate alcune cose. Essendo passati multi anni, questi ricordi possono essere lacunosi, inoltre non vogliono essere storia, ma memoria, troverete alcune parole in dialetto, questo per dare più sapore e genuinità alla narrazione, per molti quello che vado raccontando sembrerà non reale, fantascienza, invece è la fotografia di come era la vita contadina in quel periodo, fino gli anni cinquanta-sessanta. La vita rurale ha sempre avuto dei tempi precisi e ripetitivi. Se sembrerà strano come inizio questa narrazione, devo dire che il motivo è quello di  capirla meglio e quindi é necessario incominciare dai lavori di fine estate- autunno,il ciclo dei lavori nei campi non inizia con la semina, ma per ottenere buoni raccolti é necessario preparare bene il terreno,in autunno, che poi i ghiacci invernali provvederanno a sterilizzare e renderlo pronto per ricevere le sementi in primavera.

Concimazione

Prima di provvedere ad arare il terreno era necessario concimare. Se pensiamo che i concimi chimici hanno avuto la loro diffusione su larga scala solo nel dopo guerra, l’unico concime a disposizione era il letame. Ogni azienda agricola, oltre la casa colonica, magazzini, aia, aveva la stalla per il ricovero degli animali. Per lo più buoi e cavalli che con i loro escrementi producevano letame che veniva ammassato nel letamaio ovvero il “lodamaro”. Se ben ammassato dopo un anno risultava un ottimo concime organico, indispensabile per il terreno. A fine estate si provvedeva a spargerlo sui campi liberati dai raccolti. In mancanza dei trattori (che sono arrivati più tardi) gli unici mezzi a disposizione erano carri a quattro e due ruote, carretti o “borozze”, trainati da buoi o cavalli. Il letame, una volta caricato, veniva portato nel campo, si formavano dei cumuli “motte”che poi venivano sparsi sul terreno in modo uniforme. Chi effettuava questi lavori non aveva a disposizione stivali di gomma o tute o guanti ma lavorava a mani e piedi nudi.

Perché la concimazione fosse efficace era necessario provvedere ad arare il terreno il più presto possibile, per evitare l’essiccazione del letame ed eliminare l’odore non proprio salubre che esso emanava.

Arratura

Già sappiamo che la motorizzazione è venuta dopo mentre prima solo poche grosse aziende erano in possesso di trattori e per lo più erano macchine a vapore.

La maggioranza delle aziende facevano uso dei buoi per l’aratura. L’operazione si svolgeva in questo modo, i buoi erano aggiogati a coppie compatibili, fatti uscire dalla stalla, messi in fila davanti all’aratro. Le coppie venivano collegate una all’altra attraverso un palo di legno duro che chiamavamo “zarla”. Il collegamento veniva da giogo a giogo, ogni coppia era dotata di una “cavezza”, una corda che serviva al conducente se ve ne fosse stato bisogno. Ma erano talmente addestrate che solitamente bastava la voce. Questa fila che noi chiamavamo “tiro”, poteva essere composta da quattro, cinque o sei coppie, dipendeva dalla disponibilità che aveva l’azienda.

La coppia capofila era sempre la più intelligente e rispondeva sempre ai comandi del bovaro. La coppia più forte era agganciata al timone dell’aratro. Le coppie davanti, alla fine dei solchi, venivano chiamate, rallentavano e girava a destra se veniva detto “to”o a sinistra se vaniva gridato “ei”. Invece la coppia al timone, mentre le altre giravano, rimaneva da sola a tirare l’aratro. Questa coppia era spesso formata da buoi maschi.

Gli uomini impiegati era due. Quello che dirigeva armato di “scuria” frusta, che adoperava raramente ed un  secondo attento al “varsuro”, aratro.

Il ricordo di queste scene, queste lunghe file di buoi così disciplinati che ubbidivano ai comandi alternati da cantilene, mi conferma che sia l’uomo che gli animali sono creature di Dio.

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