Aspettando l’alba – 14

Bruno va in citta’

Con l’aiuto del figlio Mario, papà Cesare e mamma Adele avevano trovato lavoro in una portineria a pochi metri da dove abitavano. Gli stipendi, seppur bassi, permisero facilmente l’inserimento di Bruno sia nel mondo del lavoro che in quello sociale. Il fratello, maggiore parlando con i suoi compagni di lavoro, venne a sapere che una solida ditta elettromeccanica cercava operai. Per Bruno presentarsi e ottenere l’impiego fu un tutt’uno.

Per i suoi genitori fu un grande sollievo. Da tempo mamma Adele aveva in animo di sfogare la propria contentezza di aver realizzato il sogno di vedere sistemati i propri figli, dopo tante tribolazioni, e si rivolse al figlio con queste parole: “Finalmente vedo il futuro con più fiducia. Bruno, bambino mio prediletto, tu eri il mio piccolino. Vai avanti così, che ringraziando il Signore, tutto è passato”. Una mamma non dovrebbe fare differenze verso i propri figli, ma sapendo quel che aveva sofferto, la perdoniamo.

Il buon carattere e la forza di volontà permisero a Bruno di inserirsi nel migliore dei modi. Fu subito ben voluto dal principale e dai compagni di lavoro. Un giorno mentre transitava nei corridoi della segreteria ad una delle segretarie caddero a terra alcuni fascicoli. Lui si prestò rapido a raccoglierli e, nello stesso tempo, anche la bella morettina si chinò a terra e i due si trovarono faccia a faccia. Lui sorrise, lei arrossì e ringraziò. Qualcuno poi insinuò che l’incidente non fu proprio casuale. I due incominciarono a frequentarsi, lui le raccontò delle proprie peripezie sorvolando le parti con Elena. La ragazza era di origine siciliana e aveva lasciato con la famiglia il suo paese in provincia di Agrigento per cercare lavoro e fortuna al nord. Lei si chiamava Raffaella, forse un nome non tipicamente siciliano. Bella fortuna, qui ha trovato il lavoro e l’amore. Lavorando duramente e permettendosi solo pochi svaghi, ma molte passeggiate nelle ore libere, (queste costavano poco, ma servivano a rafforzare l’amicizia e a formulare progetti) riuscirono a comprarsi un discreto appartamento, erano gli anni del boom economico. Nel 1971 coronarono il loro sogno d’amore.

Quando udirono il celebrante pronunciare la frase, “Bruno e Raffaella oggi sposi, che Dio vi benedica, andate in pace” a stento i novelli sposi trattennero le lacrime.

Un anno dopo a completare l’armonia famigliare, (la cicogna) gli ha portato una bella bambina, Giusi, scura di carnagione e non poteva essere diversamente visti i suoi genitori, con due magnifici occhi neri. Dopo il sessantotto anno turbolento, in Italia si sono vissuti anni favorevoli, specialmente per piccole aziende.

Anche l’azienda in cui lavoravano i nostri due amici ha pensato di espandersi, e dove se non; in quello che poco dopo sarà chiamato il mitico Nord-est, nel Veneto, e precisamente in periferia di Padova, nella zona industriale. L’impegno e le cresciute capacità hanno permesso a Bruno, di diventare capo reparto. Tutto questo lo ha notato l’occhio attento del padrone, questo fu il motivo per proporre ai nostri amici di trasferirsi  nella nuova sede.

Dopo un breve tentennamento, dovuto al dovere lasciare i parenti e gli amici, si decisero, trovarono opportuno di accettare, visto che avrebbero avuto anche un discreto aumento di stipendio.

Dalla caotica vita milanese, a quella più tranquilla patavina, a fato si che il trauma è stato quasi inesistente. E poi l’emozione del risentire la parlata veneta a Bruno faceva rivivere la sua infanzia, nel bene e nel male. Presero in affitto un piccolo appartamento in periferia della città, zona tranquilla, se aggiungiamo, che il tutto era affrontato con l’aiuto della moglie e da quel tesoro di Giusi, l‘impatto con la nuova realtà è stato superato egregiamente.

La fortuna volle che qui incontrassero una giovane famiglia, lui Mario Castellana, era un promotore finanziario, e come tale consigliò nel migliore dei modi i nuovi amici, come acquistare una casa. Con il ricavato della vendita dell’appartamento di Milano e con i risparmi messi da parte, acquistarono una bella villetta in periferia della città del Santo, al quartiere Guizza.

Oltre il miglioramento economico per la società, in generale, (naturalmente per quelli che avevano voglia di fare) in questo periodo di passaggio da una società prevalentemente contadina a quella industriale, ha preso piede un nuovo modo di vivere. Uno dei cambiamenti significativi che è si verificato in quelli anni è stata la scomparsa delle famiglie numerose. Da sette – dieci figli, a due – tre, salvo rare eccezioni.

Altro fenomeno, che ha preso vigore è stato quello, che un maggior numero di genitori avviassero i propri figli allo studio, cioè continuare a studiare e non fermarsi alla licenza elementare, questo dovuto anche alla necessità di acquisire sempre maggiori conoscenze che l’era industriale esigeva.

Anche i genitori di Giusi presero questa decisione, anche perché la ragazzina era sveglia e dotata di una notevole intelligenza che faceva prevedere un buon risultato. Dopo le scuole Elementari, che ha superato brillantemente, le Medie con ottimo e il Liceo scientifico, con sessanta sessantesimi, Giusi si iscrisse all’Università, facoltà di chimica, materia che ha sempre amato.

A dire il vero la scelta di iscriversi alla facoltà di chimica è prevalsa, sull’altra materia che altrettanto amava; storia dell’arte, ed è con un certo imbarazzo che scelse la prima, la motivazione?

In quel periodo ad un laureato in chimica venivano date più possibilità di trovare lavoro una volta diventato Dottore.

Questa scelta non le impedì di coltivare la sua passione per l’arte, anzi sino da ragazza, non vi erano mostre e manifestazioni di questo tipo che non si recasse a vedere.

Ad un padovano che nutre questa passione, non ha che l’imbarazzo della scelta. Come si sa Padova e ricca di: monumenti, chiese, piazze, per non parlare di: musei, gallerie d’arte, tutto quello che un amante del bello può cercare.

Per i primi tempi Giusi era accompagnata dalla mamma anche lei appassionata d’arte. Queste belle uscite oltre che proficue, servivano alla madre, per pretesto di non lasciare la figliola sola, da buona mamma meridionale non è vedesse di buon occhio quelle ragazze disinvolte, per non dire di più, che si vedeva in giro.

A Giusi, non è che tutto questo le garbasse, ma tanto è che lo accettava. Questo cambiamento, che anche i figli delle classi sociali meno abbienti venissero avviati allo studio, a certe persone non era gradito, tanto che Bruno ebbe un diverbio con il suo medico di famiglia, il quale conversando con lui chiese:

“E’ vero Bruno che ha deciso di mandare sua figlia all’Università”,

“ Si dottore”,

“ Ma non ha pensato che una volta laureata sua figlia resterà disoccupata, con sta smania di volere studiare a tutti i costi”.

A questo punto a Bruno il sangue andò alla testa, nonostante fosse di carattere calmo, infuriato rispose: 

“ E’ meglio un Dottore intelligente disoccupato che un ignorante occupato, e poi è ora che termini l’idea che solo i figli dei Dottori, studino da Dottori; che i figli di Avvocati, studino da Avvocati, anche se poco dotati e poi, io so lavorare e posso permettere a Giusi, dotata di studiare”.

Sentite queste parole il Medico chiese scusa.

Infatti la loro bambina si laureo con il massimo dei voti; per due operai trovarsi in casa un Dottore era il massimo delle soddisfazioni.