Aspettando l’alba – 10

Il  temporale  si  avvicina

Provenienti dal lago di Garda salgono in cielo certe nuvole che non promettono niente di buono, “state sicuri chi i guai sono vicini”, questo è un proverbio dei nostri nonni.

Infatti si incominciano a sentire i primi tuoni, quasi impercettibili tanto erano attutiti dal brusio caotico e dal vociare assordante, ma poi preceduti da lampi abbaglianti li poteva udire anche uno duro d’orecchi, ed ecco che incominciano a scendere le prime gocce , poi sempre più fitte e quindi un diluvio, provocò un fuggi, fuggi generale tutti cercarono un riparo, chi sotto gli alberi, altri sotto il fienile, i padroni con gli ospiti di riguardo, in casa.

Da tutto questo, Bruno, vede il segno propizio, corre verso Elena, allunga la mano, lei non aspetta altro, felici, mano nella mano corrono verso la casa, nel trambusto passano inosservati, arrivati nel soggiorno, lo trovano già occupato, per trovare un luogo appartato salgono una prima scala, poi una seconda, un corridoio, un’altra scala, trafelati ma contenti si trovano nella torre, col fiatone si siedono un di fronte all’altro, il silenzio era rotto dal rumore dei tuoni, ma il loro isolamento era totale, tanto erano presi nel guardarsi negli occhi, a lui gli sembrava di vederla per la prima volta, tanto era cambiata, era ancora più bella, che occhi, che labbra, che seni, anche se non molto evidenti, il tutto formava un splendido corpo, un sogno. Quasi in estasi incomincia a parlare: “ Se questo è il premio per le nostre sofferenze, Dio sia lodato, ora vedo in te l’arcobaleno dopo la tempesta, l’alba dopo un notte tenebrosa, il dono dopo tanti momenti amari, il miracolo che può fare l’amore, si perché tu sei il mio amore”:

Elena con un filo di voce, tutta rossa e tremante  rispose: “ E’ valsa la pena aspettare, per poi godere di momenti come questi, ricordo quando dopo i nostri incontri clandestini, mi allontanavo, ero presa dalla voglia di correre, sognando ad occhi aperti, eri sempre tu che vedevo, se chiamavo ad alta voce, eri tu che mi rispondeva, questi incontri mi servivano per rendere meno amaro il comportamento di mio padre, mi accompagnava il tuo sorriso, le tue dolci parole, mi davano una gioia immensa, cos’era questo se non il mio amore per te”. Fu in questo momento che dalla fessura di un finestrino semiaperto entrarono due piccioni, anch’essi per ripararsi dalla pioggia. Trovato un posto adatto si posarono e, tubando, sembrava dicessero: “Guarda che scena deliziosa”. I nostri amici ritennero tutto ciò di buon auspicio, o forse si illusero. Avvicinarsi, e finire abbracciati è stato un attimo. Le loro labbra si congiunsero e ne scaturì un bacio, a questo punto non cera bisogno di parole, solo le mani  di Bruno accarezzavano lievemente il corpo tremante di Elena, coperto dal solo abito di seta rosa; se voleva, poteva approfittarne, ma per il momento aveva deciso, che doveva rimanere un amore puro. Restarono così abbracciati con la pioggia che faceva da sottofondo musicale, i tuoni si allontanavano, loro erano ben consci che, se fossero stati scoperti, per loro sarebbero stati guai. Bruno aiutò Sara a ricomporsi. Si salutarono con una carezza, scambiandosi due piccoli regali, Elena un piccolo foglietto con disegnati due cuori colpiti da un’unica freccia; Bruno ricambiò con una rosa vermiglia, colta poco prima d’incontrasi, un po’ appassita, per forza, l’aveva conservata sotto la maglia vicino al cuore. 

Dopo l’ultimo bacio, scesero le scale leggeri, volando, come i suoi due amici colombi.

In lontananza si senti il lugubre cantò di una civetta, ma non ci fecero caso,(che fosse un triste presagio?) Bruno, sgattaiolò fuori casa senza essere visto. Alle ultime gocce di pioggia non ci fece caso, ma fu colpito dall’arcobaleno, che le sembra più luminoso del solito. Allontanandosi canticchiava un allegro motivetto: “L’amore non è bello se non è stuzicharello”.

Elena, volutamente disinvolta apparve sulla porta del soggiorno, quando la mamma, avvicinandosi le chiese:” Dove sei stata? Ti ho cercata, non trovandoti”. La risposta fu pronta e convincente: “Mi sono ritirata in camera mia a pregare, affinché il temporale non facesse danni ai nostri raccolti”.

“Quanto giudizio ha la mia bambina, e se la strinse al petto”.

Gli ospiti partirono, i servi rimisero in ordine la casa a quello che era rimasto in piedi fuori dopo la furie del vento, ci avrebbero pensato il giorno dopo, ormai incominciava l’imbrunire. In lontananza si sentivano il rumore degli ultimi tuoni. Poi tornò il silenzio.

Per tutti i presenti il fatto che Elena si fosse appartata è passato inosservato, ma non per il padrone,(non solo padrone dei beni, ma anche dei sentimenti dei figli).Quando tutti se ne furono andati, ordinò ad una serva di rintracciare Elena e pregarla di recarsi  nella stanza adibita a studio dove suo padre l’aspettava per parlarle. La serva trovò la signorina in camera sua, bussò alla porta e dovette attendere un poco prima di entrare, ricevuto il permesso di entrare, comunicò l’ordine del genitore. Non smentendo la sua fama di curiosa la serva impicciona, sbirciando notò la rosa sul letto, sicuramente il permesso dato in ritardo, ad entrare era dovuto alla complicità di quella rosa. Qua si deve darli ragione, Elena si era appisolata tenendolo stretto al cuore.

Ubbidiente si recò dal padre, che l’aspettava seduto sulla sua sedia coperta di cuoio, dietro la scrivania. Più che un padre sembrava un giudice, infatti prese a parlare in modo austero:  “Devi capire che fai parte di una famiglia che conta, oggi l’avrai capito ulteriormente, io e tuo fratello, siamo ascoltati e rispettati da tutto il paese, mi segui”?

“Si papà”. “ Tu studiando prenderai la stessa strada, non ti aspetterà una vita scialba e insignificante come quella di tua madre, che sa a malapena leggere e scrivere; mi comprendi?” E cosa poteva dire.  “Si papà”, “Allora apri bene le orecchie, d’ ora in poi non ti permetto ( e qui alzo la voce ancora di più) mai più di incontrarti e parlare con quel moccioso che guardavi quest’oggi, per te sto prendendo decisioni importanti, per la tua vita futura, hai capito? (prendendola per un braccio), Perché non rispondi? Hai  capito”?

 Timidamente, sussurrò a basa voce “Per lui provo un sentimento mai provato prima d’ora, cosa c’è di male”. “ Aaa…tu non hai capito che quelli come lui, braccianti sono e braccianti restano, zoticoni sono zoticoni restano, non interessa la persona, ma la  posizione, e poi sono cose per voi queste? Non vedete che siete ancora due “pisci a letto”, (solo un presuntuoso come il ”Volpone” poteva dare dei piscia a letto a due ragazzi di ventenni). Ribadì ricorda bene quello che ti ho detto e ora puoi andare”. Elena a testa bassa, trattenendo a stento le lacrime. Sussurrò, “Il tuo comportamento è crudele, non puoi capire quanto io lo ami”, e si diresse verso la sua stanza. E come ultima reazione, sentì il tiranno che diede un forte pugno su tavolo gridando:

“Vedremo chi comanda in questa casa”.

Appena chiusa la porta, si lasciò andare di peso sul letto, scoppiando in lacrime, le quali bagnarono il cuscino e il fiore che c’era sopra. Stava ancora singhiozzando, quando sentì bussare alla porta,

“Elena apri per piacere la porta sono tua mamma”.  Le mamme hanno un’antenna particolare, che capta le preoccupazioni dei figli. Elena aperta la porta si gettò fra le braccia della mamma, gridando: “Mamma, mamma, sto male , vorrei morire”.

“Bimba mia, so cosa stai provando, ci sono passata anch’io, ho amato una sola volta, ma non tuo padre, tu hai me, e poi sei ancora una bambina, vedrai che riuscirai a fartene una ragione”. Prese la sua creatura fra le braccia e come un films si vide passare davanti la sua esperienza, di ragazza innamorata, che dovette rinunciare al suo primo e grande amore, obbligata a sottostare alla volontà dei suoi genitori, e aver dovuto sposare un uomo che non ha mai amato.

Ma i genitori, non dovrebbero volere il bene dei loro figli, e non i propri interessi?

Ora, di fronte al dolore della sua bambina si sente impotente. Non le resta che prenderla tra le sue braccia, accarezzarle i capelli e asciugarli le lacrime. Fattasi coraggio comunicò alla figlia cosa aveva deciso il padre padrone:

“Lunedì, partirai per le vacanze in montagna, poi tornerai in collegio, per seguire un corso d’inglese, ma stai sicura tua mamma ti sarà sempre vicina”, e le stampò un bacio sulla fronte. Elena, rimasta sola, si rese conto, che il suo destino era segnato, come ribellarsi? Paso, un’estate d’inferno, colpita dalla depressione e dallo sconforto, ma nessuno dei suoi si mosse a compassione, forse sua mamma ma glielo avranno impedito, neanche le suore, un po’ complici del padre. Solo la fede i il ricordo di Bruno l’aiutarono.